Un tribunale della Corea del Sud ha condannato ad un anno di carcere Cho Hyun-ah, vicepresidente della Korean Air nonché figlia maggiore del presidente della stessa compagnia aerea, Cho Yang-ho. Il 9 dicembre dello scorso anno, la quarantenne figlia di papà era seduta nella prima classe di un aereo che aveva già iniziato le procedure di decollo dall'aeroporto di New York. Ha chiesto ad una hostess di portarle una manciata di noccioline, ma si è infuriata quando le sono state servite in un sacchetto anziché in un vassoio.La giovane donna ha quindi preteso che la hostess si inginocchiasse davanti a lei e le chiedesse scusa.

Non contenta di questo, ha bloccato l'aereo in partenza e ha fatto scendere la hostess dal velivolo, pretendendo che fosse sostituita da una collega. Il suo abuso di potere ha causato un ritardo di undici minuti, che non è stato per nulla gradito dagli altri passeggeri del volo.



Cho Hyun-ah è stata perciò accusata di cinque reati, tra questi intimidazione, turbativa dell'attività aziendale e intralcio delle procedure giudiziarie mediante inganno. Rischiava tre anni di galera, se non addirittura nove, ma il giudice è stato clemente e le ha dato solo 12 mesi. Forse perché due mesi fa si è presentata davanti alle telecamere piangendo e si è inchinata dicendo con un filo di voce: "Vi porgo le mie più sincere scuse, sono spiacente".

Si è anche dimessa dalla carica che occupava all'interno della compagnia aerea.



Le Reuters ha intervistato anche un assistente presente al momento del litigio, Park Chang-jin. Secondo lui non era la prima volta che la vicepresidente della compagnia aerea trattava così male il personale. "Non penso che Cho Hyun-ah abbia mostrato mai un briciolo di coscienza, trattando me e gli altri lavoratori come schiavi feudali, forzandoli a sacrificarsi e minacciandoli come se fosse la cosa più naturale del mondo".

È da notare che perfino il padre ha sentito l'obbligo di scusarsi con i passeggeri per il comportamento della figlia, promettendo solennemente davanti alla televisione coreana che non avrebbe tentato ritorsioni sul personale che ha collaborato alle indagini.