Karim Franceschi ha 26 anni e è da poco tornato nella città dove vive, Senigallia, dopo aver passato tre mesi a Kobane, la città al confine con la Turchia, liberata recentemente dai terroristi dell'Isis. La vicenda di questo ragazzo italiano potrebbe sembrare la messa in scena del fumetto-reportage Calling Kobane, del fumettista Michele Rech: come il protagonista Zerocalcare, anche Karim è andato a Kobane per una missione umanitaria, ma a differenza del fumetto, la sua esperienza ha avuto riscontri più duri, finiti fortunatamente bene.

Giovane attivista in Italia

La storia di Karim, padre italiano e madre marocchina, e la sua scelta di andare a combattere a fianco delle forze curde in Siria, inizia in Italia: a Senigallia, il giovane lavora in uno spazio comune autogestito, Arvultùra, e tra le tante attività, si occupa di aiutare i profughi che arrivano nelle Marche dopo lunghi ed estenuanti viaggi sui barconi, alla deriva del mare. Sicuramente, incontrando molti siriani scappati dalla guerra, il desiderio di fare qualcosa di più concreto spinge Karim ad andare direttamente nei luoghi dove serve più aiuto.

Volontario a Kobane

Arrivato in Siria con il sostegno della campagna Rojava Calling, la stessa a cui ha preso parte Michele Rech, alias Zerocalcare, e che ha ispirato il fumetto-reportage Calling Kobane, Karim inizialmente presta servizio come volontario a Suruç, la città turca più vicina al confine turco-siriano, che ospita gran parte dei profughi di guerra che fuggono dalle oppressioni dell'esercito dell'Isis.

La sua attività di volontario consisteva nel portare aiuti umanitari e beni di prima assistenza sia all'interno del confine turco, sia al di là, in Siria, intorno alla zona di Kobane.

L'area di Rojava è una meta strategica per l'Isis data la vicinanza alla Turchia e la conquista del maggior numero di città in questa zona permetterebbe il controllo da parte delle forze dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante di una larga fascia del confine, nodo centrale per i traffici di contrabbando con cui si finanzia.

In questa zona è concentrato il maggior numero di scontri tra le forze volontarie curde del Ypg, l'Unità di Protezione Popolare, e l'esercito dell'Isis, ed è proprio in "questo inferno" che Karim ha deciso di combattere.

Soldato per scelta

Un giorno, recatosi in un campo profughi vicino a Kobane incontra due bambini soldato, rimasti nella città sotto assedio da quando l'Isis l'aveva invasa e non avevano fatto in tempo a scappare.

I loro racconti "agghiaccianti, in cui non si ricordavano più della vita fuori da quel campo di battaglia e neanche dei loro genitori", fanno prendere la decisione al giovane italiano di arruolarsi insieme alle forze curde per cercare di sconfiggere gli invasori. Non solo ideali umanitari, ma anche politici e di libertà stanno alla base della scelta coraggiosa di Karim. La democrazia e il progetto politico di Kobane, "fondato sul federalismo democratico, della centralità del ruolo della donna, dell'autodifesa e della redistribuzione della ricchezza", come ricorda la campagna Rojava Calling, che si fa portavoce di questo modello politico e sociale che denigra, rifiuta e prende le distanze dai valori propagandati dall'Isis in Medio Oriente.

Un modello alternativo all'Islam radicale. Un modello di sviluppo e coesione tra minoranze etniche e religiose.

Ha impugnato un kalashnikov, sparato, ucciso uomini, visto "donne piccolissime e leggerissime combattere come leoni", imparato cosa vuol dire determinazione, coraggio e a non avere paura. Karim ha fatto una scelta coraggiosa, ponderata sulla base delle sue prime esperienze come attivista sul campo, confrontandosi con chi la guerra la subisce e cerca di scappare. Una scelta fatta con il cuore, come tutti coloro che credono in quello che fanno.