Un incubo durato 9 anni. L'ha sfruttata in una serra, segregandola e stuprandola per anni, costringendola ad abortire 4 volte. E' la terribile storia di una 45enne rumena, salvata dall'intervento dei carabinieri. Ad essere arrestato per sequestro di persona aggravato e violenza sessuale continuata aggravata è S.N, un padre di famiglia 67enne di Acate (Ra). La custodia cautelare è stata emessa dal gip Andrea Reale, su richiesta del sostituto procuratore Valentina Botti.

Non è un caso isolato. Un anno fa con un'inchiesta L'Espresso si occupò della condizione di sfruttamento di molte lavoratrici immigrate nei campi del ragusano. Lì il tempo si ferma e le donne sono costrette a subire violenze sessuali e ricatti in silenzio da parte dei datori di lavoro, anche davanti ai loro figli. In realtà, è stato Don Beniamino Sacco il primo a denunciare queste violenze, diffuse soprattutto nelle piccole aziende familiari, gestite da italiani e tunisini.

Donne segregate, minacciate di privazioni e anche di morte, se rifiutano le avance dei loro sfruttatori. Ricatti che coinvolgono anche i figli. Altissimo è il numero di aborti nella sola provincia, legati a questi abusi.

Vittoria è da anni il primo comune in Italia per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti. Arrivano in ambulatorio accompagnate da uomini, anche italiani, che parlano al posto loro, come racconta una dottoressa dell'Asl. "Anni fa -racconta la donna- un tunisino mi ha portato tre ragazze rumene, tutte incinte, per farle abortire. Parlavano poco. Quando sono rimasta sola con loro mi hanno detto di lavorare nelle serre di cui lui era proprietario".

Uomini che le stuprano ma che non accettano nemmeno le conseguenze di tali abusi. Ma anche donne disperate che cercano ospedali che rispettino la legge 194 e consentire di interrompere quelle gravidanze indesiderate, perché frutto di terribili abusi. Poi, l'incubo dell'obiezione di coscienza.

L'Associazione Diritti Umani rivela, infatti, che nel caso di Vittoria le donne non possono interrompere le gravidanze poiché ormai tutti i medici sono obiettori di coscienza. Solo a Modica è consentito, ma il numero altissimo di richieste di aborto porta a lunghe liste d'attesa rendendo impossibile le operazioni, poiché superati i tre mesi previsti dalla legge. Per questo motivo, molte donne sono costrette a tornare in Romania per abortire o vengono messe nelle mani di "mammane". Tutti sanno ma l'omertà è molto forte, anche da parte di medici e cittadini.

Questa situazione, ha trovato anche l'indifferenza del governo italiano che lo considera "un fenomeno non significativamente esteso e stabile". E' la denuncia dell'onorevole Celeste Costantino, una delle firmatarie dell'interrogazione parlamentare avviata dopo l'inchiesta. "Chi vive in stato di segregazione si sente sotto minaccia e fatica a denunciare le violenze", ha aggiunto. Sono povere e immigrate da una parte violate e dall'altra colpevolizzate dal paese, perché romene, perché donne.

Inoltre, la morbosità di questi mesi ha aumentato la difficoltà delle vittime di rendere pubbliche questioni così delicate, comprese le lentezze burocratiche e la difficoltà di dover dare prove in sede giudiziaria, con il rischio di subire condanne per calunnia.

Nessuno si indigna per quanto accade nel 2015? Cronache di sfruttamento che avvengono in un Italia contemporanea, in centri di un sistema produttivo che esporta i propri prodotti in tutta Europa.