Si stringe il cerchio attorno a Massimo Bossetti, unico e tampinatissimo accusato nell'omicidio della giovane Yara, ginnasta di Brembate trovata morta più di 4 anni fa nelle campagne di un cantiere edile. Lo ha deciso ieri il gup di Bergamo, Ciro Iacomino, durante l'udienza della Corte D'Assise, in cui è stata respinta la richiesta d'incidente probatorio sul DNA trovato sugl'indumenti di Yara e collegato a Bossetti. Il gup ed il pm Letizia Ruggieri si sono dimostrati irrevocabili in aula di tribunale, bocciando in toto le richieste della difesa di Bossetti: l'esame del DNA non si ripeterà.

Respinta anche la richiesta di nullità del capo d'imputazione, in quanto segnalava contemporaneamente come luogo del delitto sia Brembate che Chignolo D'Isola, così come gli accertamenti biologici compiuti dal Ris, che potevano essere invalidati poiché poggiavano su una delega d'indagine e non, invece, sull'avviso alle parti.

Sospetti e ipotetiche piste: l'unico accusato rimane Bossetti

A tanta, troppa distanza da quel 26 novembre 2010, quando Yara scomparve dalla palestra in cui era solita allenarsi, sembra che finalmente uno dei casi più discussi in Italia stia per trovare un epilogo. Ma, a conti fatti, rimangono molte incertezze su come siano state gestite le indagini. Ad oggi, Massimo Bossetti è ufficialmente l'unico accusato e processato del caso, nonostante in questi anni non siano mancati altri sospetti ed ipotetiche piste.

Come dimenticare, per esempio, Mohammed Fikri, operaio marocchino del cantiere edile di Mapello, proprio dove i cani molecolari rinvenirono l'ultima traccia di Yara? Gli investigatori sembrano tutti concordare che il loro uomo sia ormai Massimo Bossetti, deciso più che mai a non dichiararsi colpevole. Forse sfidati da questa sua determinazione, ruotano attorno a lui in una danza accusatoria sempre più pressante, accompagnati dalla marcia incalzante dell'informazione e dell'opinione pubblica.

Lo spettacolo mediatico di Bossetti

Uno spettacolo mediatico di cui Bossetti è dunque protagonista indiscusso, fra intercettazioni, gossip sul perché canti Mengoni in carcere sotto la doccia o sulle sue contraddittorie dichiarazioni alla famiglia. Proprio per questo motivo, l'Unione Camere Penali, attraverso l' "Osservatorio media e processo", sostiene che il programma di Rete 4 "Quarto grado" abbia contributo a contaminare e a rallentare le indagini, mandando in onda le immagini dell'arresto di Bossetti: "la messa in onda, dopo lungo tempo dai fatti - scrivono i penalisti - ma (non a caso) pochi giorni prima della celebrazione dell'udienza preliminare, delle crude immagini dell'arresto del cittadino Massimo Bossetti, presunto innocente fino a sentenza definitiva, non è che la ennesima dimostrazione del degrado di buona parte della informazione giudiziaria italiana".

Dopo la sentenza emessa ieri, i due avvocati di Massimo Bossetti, Paolo Camporini e Claudio Salvagni, si sono dichiarati "amareggiati" dell'esito alle loro richieste, contrariamente ai genitori di Yara Gambirasio, presenti anche loro in aula e costituiti come parte civile tramite l'avvocato Enrico Pelillo. In attesa di conoscere l'esito di quel 3 luglio che ormai sembra molto vicino, pur non essendo in grado di stabilire chi sia il colpevole di questo efferato delitto, una cosa certamente possiamo dirla: Massimo Bossetti ha già sostenuto un suo tacito processo, quello portato avanti dalle telecamere di tutta Italia.