Nuova bufera su uno degli sponsor più osannati di questo expo 2015, nei fatti promotore del buon cibo sano e genuino ma soprattutto sostenibile. Le prime polemiche sono partite proprio con la presenza di multinazionali OGM e produttrici di cibi decisamente poco sani, tra cui esattamente la Coca Cola. Da subito ci si è chiesti come fosse possibile che un festival dedicato alla cultura del mangiare sano e soprattutto alla presentazione di progetti di eco sostenibilità alimentare desse tanto spazio a marchi da sempre contestati per le sostanze più o meno nocive che contengono.

Ammissione delle multinazionali: vendiamo poco per le sostanze chimiche nei nostri prodotti

Pochi giorni fa la Pepsi aveva annunciato l'eliminazione dell'aspartame nelle sue bibite perché, a causa delle campagne antiobesità lanciate dall'organizzazione mondiale della sanità, le vendite erano crollate. Così altre multinazionali hanno rivelato tutto ciò che si nasconde all'interno di cibi fatti passare per sani. Anche Mc Donald incredibilmente è presente ad Expo 2015, in barba agli sbandierati vantaggi della dieta mediterranea. Ci si chiede però come sia possibile che proprio in questi giorni si celebri con tanto di parate e feste la Coca Cola, ben sapendo che la stessa è stata condannata più volte per reati che farebbero vergognare gli organizzatori dell'Expo se solo ne prendessero atto.

Coca Cola, lodevole in Italia, condannata nel resto del mondo

Come si sa, occhio non vede cuore non duole. L'annuncio sulla festa dedicata alla Coca Cola si basa su 3 principi. Il primo, spiega Vittorio Cino, direttore Comunicazione Coca Cola Company Italia, è quello della "localness". Si tratta della territorialità, cioè a dire che la Coca Cola viene prodotta con materia prima italiana e lavoratori italiani.

Peccato che in Calabria i lavoratori immigrati nei campi di arance si siano più volte ribellati allo sfruttamento d'orario e salariale. Peccato che in India e a Cuba la stessa cosa capiti a chi lavora per la multinazionale. Veniamo al secondo principio, quello del consumo responsabile. E qui ci sono le vere note dolenti, perché a monte della sentenza che ha condannato la Coca Cola al pagamento di 352 milioni di euro all'India ci sarebbe proprio il trattamento dei reflui industriali dello stabilimento.

Questi scarti avvelenati, pieni di metalli pesanti tra cui piombo, cadmio, cromo, sarebbero stati venduti spacciati per compost agli agricoltori locali.

E che dire del terzo principio, quello di cui parla Evguenia Stoichkova, country manager Coca Cola Company Italia? Si tratta della sostenibilità. La nuova bottiglia, la Plant Bottle, sarebbe riciclabile al 100%. Per questo la Coca Cola è stata condannata, secondo Il Manifesto, per inquinamento ambientale in India? Per aver avvelenato la falda acquifera? O come in altri Paesi dove le falde vengono prosciugate? Il ministro della salute Lorenzin avrà spiegato alle scolaresche che incontra proprio all'Expo cosa comprano ogni volta che stappano una coca cola?