Quarantuno anni. In pratica due generazioni. Questo l'interminabile lasso temporale intercorso tra la strage di Piazza della Loggia a Brescia, il 28 maggio 1974, e la sentenza di primo grado, che nella serata di ieri ha condannato all'ergastolo l'ex ispettore veneto di Ordine Nuovo Carlo Maria Maggi e l'ex fonte dei servizi segreti dell'epoca, Maurizio Tramonte, al secolo "Tritone". I due, che hanno oggi rispettivamente 80 e 62 anni, sono stati ritenuti i mandanti della strage: il primo nel ruolo di ideatore, il secondo di organizzatore. Un verdetto che accoglie tutte le richieste del procuratore generale e che ripaga, anche se con colpevole ritardo, gli sforzi dei familiari delle vittime, che mai si sono arresi durante questa estenuante battaglia.

I fatti

È la mattina del 28 maggio 1974: in centro a Brescia è in corso una manifestazione contro il terrorismo neofascista. Alle 10.12, un ordigno nascosto in un cestino dei rifiuti viene fatto esplodere, provocando 8 morti ed oltre 100 feriti. Viene considerato uno degli attentati più gravi degli anni di piombo, dopo Piazza Fontana, l'Italicus e la strage di Bologna.

L'infinito iter giudiziario

La prima istruttoria portò alla condanna di alcuni esponenti dell'estrema destra bresciana nel 1979. Uno di essi, Ermanno Buzzi, fu strangolato in carcere. In appello, le condanne in primo grado vennero ribaltate in assoluzioni, confermate poi dalla Cassazione nel 1985. A seguito delle testimonianze di alcuni pentiti, nacque un secondo filone di indagine, che portò all'imputazione di altri esponenti della destra eversiva.

La pista però si rivela inconsistente: vengono tutti assolti per insufficienza di prove. In una terza istruttoria, i due condannati di ieri vennero rinviati a giudizio assieme ad altri 4 imputati: tutti assolti con formula dubitativa, per insufficienza di prove. Ma la Corte di Cassazione, il 21 febbraio 2014, annulla l'assoluzione di Maggi e Tramonte, istituendo così un nuovo processo, conclusosi ieri con la sentenza di secondo grado.