Ora è molto più di un sospetto. Dalle intercettazioni telefoniche di un affiliato alla camorra arriva, infatti, la conferma che la criminalità organizzata pianificò nei dettagli l'esclusione di Marco Pantani dal Giro d'Italia del 1999.Un Giro che il Pirata avrebbe vinto, anzi stravinto. Ora l'inchiesta della procura di Forlì, che ha deciso di riaprire il caso un anno fa, è ad una svolta decisiva, con la direzione distrettuale antimafia pronta a subentrare. La pista camorristica era spuntata già all'epoca dei fatti grazie a Renato Vallanzasca, bandito della banda della Comasina, che negli anni Settanta insanguinò il nord Italia.

Dal carcere, Vallanzasca raccontò che un suo compagno di cella, membro di un clan camorristico, gli consigliò di puntare tutto ciò che aveva sulla vittoria degli avversari di Pantani. Ma nell'interrogatorio durante la prima inchiesta sui fatti di Madonna di Campiglio, non fece nomi, e l'inchiestà si fermò. Ora, invece, si apprende che l'uomo sotto osservazione, aprendosi con una persona di fiducia, dichiarò: "Certo che la storia di Vallanzasca è vera, pensavo fosse un uomo d'onore invece è un pezzo di m...". Alla base di tutto, un giro di scommesse clandestine miliardarie gestite dalla camorra che, per evitare un buco finanziario probabile in caso di successo di Pantani, avrebbe deciso di far squalificare il campione di Cesenatico.

Campiglio: l'inizio della fine

La mattina del 5 Giugno 1999, alla vigilia della penultima tappa del Giro, furono effettuati dall'UCI test antidoping a sorpresa, i cui risultati evidenziarono un valore di ematocrito nel sangue del pirata del 52%, mentre il regolamento consente un valore massimo del 50%. Questo comportò la sua esclusione immediata dalla corsa rosa, che poi fu vinta da Ivan Gotti.

Ne seguirono una gogna mediatica ed un processo penale per frode sportiva che minarono la psicologia del corridore. Pantani tornò alle corse ma, nonostante una buona forma fisica, la sua depressione prese il sopravvento, portandolo prima al ricovero in una clinica specializzata, poi alla morte, avvenuta nel residence "Le rose" di Rimini il 14 febbraio 2004, in circostanze ancora al vaglio della magistratura. La speranza è che la verità si faccia finalmente largo. Per Marco, per il Ciclismo e per la società civile.