A soli quattro giorni dall'inizio del processo a carico di Massimo Giuseppe Bossetti, indicato quale colpevole per l'uccisione della giovane Yara Gambirasio, la Suprema Corte di Roma sarà chiamata a decidere in merito all'istanza di scarcerazione presentata dai legali del carpentiere di Mapello, avvocati Paolo Camporini e Claudio Salvagni.

La difesa di Bossetti ha presentato tale richiesta in quanto ritiene che l'uomo, in carcere da oltre un anno (era il 16 giugno 2014 quando fu arrestato dalle forze dell'ordine), possa attendere l'esito del processo con il beneficio degli arresti domiciliari, eventualmente con la disposizione del 'braccialetto elettronico'.

Delitto Yara Gambirasio: difesa presenta istanza scarcerazione per Bossetti

Si tratta della sesta istanza di scarcerazione presentata dalla difesa di Massimo Bossetti, dopo che per tre volte è stata rifiutata dal gip e due dal Tribunale del Riesame di Brescia: questo nuovo ricorso che sarà valutato dalla Suprema Corte riguarda l'impugnazione della sentenza (la seconda) emessa il 10 marzo scorso dallo stesso Tribunale di Brescia.
Tenendo conto della situazione particolarmente delicata e dei capi d'accusa mossi nei confronti del carpentiere quarantacinquenne, sarà molto difficile che la Suprema Corte di Roma possa decidere di accogliere l'istanza di scarcerazione.

Yara Gambirasio: due indizi gravi contro Massimo Bossetti

Uno dei principali indizi (oltre alla prova DNA) che hanno portato gli inquirenti alla colpevolezza di Massimo Bossetti riguarda il fatto che la giovane vittima conoscesse il muratore, ragion per cui non avrebbe fatto alcuna resistenza nel salire sulla macchina dell'uomo. 
Inoltre, Bossetti sarebbe messo con le spalle al muro da una diversa serie di elementi che, messi insieme, lo vorrebbero presente a Brembate, in prossimità della palestra dove si allenava Yara Gambirasio, proprio la sera di quel 26 novembre 2010. 
In particolar modo sarebbero due gli indizi particolarmente gravi e compromettenti nei confronti di Massimo Bossetti: l'insolita ed inspiegabile assenza del muratore, in quel giorno, dal proprio posto di lavoro e una chiamata telefonica alle ore 17.45 che agganciò proprio la cella di Mapello.