Michele Buoninconti non ha ucciso Elena Ceste e va assolto. E’ questa la richiesta dei difensori dell’uomo, gli avvocati Giuseppe Marazzita ed Enrico Scolari che, al processo per il presunto omicidio di Elena Ceste, chiedono che Michele venga scarcerato perché “il fatto non sussiste”.

La difesa di Michele Buoninconti: Elena Ceste aveva una doppia vita

L’analisi in particolare dell’avvocato Marazzita, fa sapere il quotidiano La Stampa, è particolarmente decisa, a tal punto da suscitarel’indignazione dei genitori della donna uccisa. “Elena Ceste era una donna psicopatica – asserisce la difesa – Aveva una personalità bipolare.

Una mamma esemplare, sì, ma non riusciva più a mantenere il peso della sua doppia vita, delle scappatelle extraconiugali. Quella mattina del 24 gennaio 2014 Elena è scappata via da casa in preda ad un crisi di nervi e andò a morire nel rio Mersa a causa dell’assideramento o di un malore”.

Papà e mamma di Elena Ceste hanno commentato così le parole degli avvocati: “Se davvero Elena era così pazza come affermano gli avvocati, perché Michele Buoninconti non me l’ha rimandata a casa? Adesso sarebbe viva”.

Omicidio Elena Ceste, il corpo ritrovato in posizione diversa da come descritto?

Tuttavia gli avvocati di Michele Buoninconti ricostruiscono anche il ritrovamento del cadavere della donna, avvenuto il 18 ottobre di un anno fa.

“Il giorno del rinvenimento – affermano – quel corpo era in uno stato diverso da come è stato descritto dai consulenti del pubblico ministero. Non è vero che Elena Ceste era posizionata come un soldato sull’attenti, con le braccia parallele al corpo in modo da far credere che l’assassino l’abbia deposta con cura per occultarla.

Le foto scattate dai carabinieri per i rilievi, invece, mostrano il braccio sinistro e una gamba perpendicolare alla sagoma e il dorso piuttosto girato. La testa, invece, era avvolta nel fango e staccata dall’addome. E poi la scena del ritrovamento fu alterata in buona fede da Fabrizio Pace, sindaco di Isola d’Asti che accorse e prese in mano la testa”.

I legali contestano anche le perizie sul percorso fatto da Michele in auto: “Chi ha fatto la perizia ha sbagliato. E’ partito dagli impulsi del proprio telefonino agganciati alle celle, mentre bisognava iniziare dagli segnali e da lì determinare tempi e tragitto”.