La Corte di Cassazione rinuncia all’addebito nel caso in cui uno dei due coniugi si allontani dalla residenza familiare, senza il consenso dell’altro coniuge, in presenza di situazioni di fatto di per sé incompatibili con la protrazione di quella convivenza, ossia tali da non rendere esigibile la pretesa di coabitare.
La suddetta pronuncia costituisce la cristallizzazione di un orientamento giurisprudenziale ormai ampiamente condiviso dai sapienti del diritto. Sebbene infatti l’art 143 c.c. titolato: “diritti e doveri reciproci dei coniugi” disciplini appunto l’obbligo di coabitazione all’interno della casa familiare, gli ermellini riconosco alcune circostanze che permettono di derogare a tale dovere coniugale.
L’abbandono della casa familiare esclude l’addebito se giustificabile
La Cassazione benchè reputi che il volontario abbandono sia causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, tuttavia in alcune circostanze lo escludono. E cioè nel caso in cui si provi che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata ed in conseguenza di questo fatto (Cass. sentenza n. 19328/2015). Sulla scorta di tale motivazione accolgono il ricorso della ricorrente, escludendo la causa di addebitabilità della separazione.
Il caso: la moglie scappa perché tormentata dai litigi del marito
Nel caso di specie appunto la ricorrente, giustifica l'abbandono dalla casa coniugale proprio a seguito delle continua tensione (anche pregressa) con il marito che spesso e volentieri non solo la denigra, ma anche dimostra una completo disinteresse nei suoi confronti, segnale evidente di una mancanza di affezione da parte sua oramai irreversibile e causa della crisi coniugale.
La Cassazione reputa non decisiva ai fini dell’addebito il fatto che la moglie sia scappata da causa in virtù dei continui litigi. L’abbandono della casa familiare infatti, è da considerarsi giustificabile perché determinata dal comportamento meschino e irrispettoso dell’altro coniuge.
La pronuncia di addebito può assumer rilevanza solo ove si traduca in una effettiva violazione dei doveri discendenti dal matrimonio o sia inconciliabile con i doveri medesimi.
Ma ciò nel caso in esame non è avvenuto. Inoltre la Cassazione precisa che in tema di separazione personale la richiesta di addebito può esser giustificata solo qualora il coniuge richiedente (l’addebito) dimostri la insussistenza della intollerabilità della convivenza. Ma poichè il marito non è però riuscito a dimostrare tale postulato, i giudici hanno dato ragione alla moglie, escludendo la pronuncia di addebito a suo carico.