Una vita lunga e disseminata di fatti che hanno gettato più di un’ombra sulla sua figura. Licio Gelli se ne va a 96 anni e si porta con sé chissà quanti retroscena della storia d’Italia. Nato a Pistoia nel 1919, è stato un imprenditore e faccendiere italiano, noto per essere stato maestro venerabile della loggia massonica nota con la sigla P2. “Sono e sarò sempre fascista”, dichiarò in un’intervista, e infatti si è portato dentro la tomba anche una spilla con il fascio littorio. A soli diciotto anni partì per la Spagna per arruolarsi come volontario al fianco delle truppe nazionaliste del generale Francisco Franco.
Poi fu ispettore del Partito Nazionale Fascista, aderì alla Repubblica di Salò ma quando il nazi-fascismo era ormai in ritirata sposò il movimento partigiano.
Dopo la guerra la sua scalata
Dopo la guerra è stato collaboratore dei servizi segreti americani e britannici, mentre nel 1963 fu iniziato alla Massoneria, dove divenne maestro venerabile della loggia P2, alla quale aderirono molti noti esponenti delle istituzioni italiane, e a cui si lega il famoso “Piano di rinascita democratica”, indirizzato verso un assorbimento degli apparati democratici della società italiana dentro il giogo di un autoritarismo legale con al centro il sistema dei media. Accusato di aver avuto un ruolo anche nell’operazione Gladio, Gelli non ha nascosto neanche i suoi rapporti con i leader della dittatura in Argentina.
E’ stato condannato per: depistaggio nelle indagini per la strage di Bologna; frode per la bancarotta del Banco Ambrosiano nel 1982. La villa nella quale è morto il 15 dicembre 2015 è stata sequestrata nel 2013, in seguito alle indagini della procura di Arezzo per reati fiscali per 17 milioni di euro.