Bashar El Assad è il pomo della discordia. Gennaio sarà un mese importante, probabilmente cruciale per il futuro della Siria, ma sul destino del rais non è stata pronunciata l’ultima parola. Così l’uomo che regge il governo di Damasco da quindici anni resta il nodo principale da sciogliere e pesa oltremodo sulla decisione di porre fine ad una guerra civile che insanguina il Paese dal 2011 e che ha causato quasi 250 mila morti. L’asse occidentale composto da Stati Uniti e Francia non considera nemmeno lontanamente un futuro scenario politico siriano che preveda in qualche modo la presenza del vecchio leader.
Russia ed Iran al contrario non vorrebbero rinunciare al loro fedele alleato, non possono più imporlo ma vogliono che sia il popolo della Siria a decidere, con elezioni democratiche. La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu dello scorso 18 dicembre che, a parte questo fondamentale passaggio, sembrerebbe andar bene sia a Washington che a Mosca, prevede a gennaio l'inizio dei colloqui di pace tra il governo siriano e gli oppositori con la formazione di un nuovo governo di unità nazionale che avrà poi il compito di indire le elezioni. L'idea che Assad possa candidarsi al voto ed unire il Paese, certamente la speranza nemmeno tanto nascosta di Putine del governo di Teheran, stride prepotentemente con quattro anni di guerra e di massacri, in buona parte ordinati dall'attuale leader.
Resta da vedere se russi ed iraniani accetteranno di veder sacrificato all'altare della pace colui che, nel loro interesse, rappresenta un porto sicuro a Damasco.
La morte di Zahran Alloush
Intanto, proprio nel giorno di Natale, è stata diffusa la notizia della morte di Zahran Alloush, leader del movimento Jaysh al islam che rappresenta una delle maggiori forze di opposizione al governo di Assad.
L’attacco aereo è stato guidato dai russi e non è stato casuale. Alloush sarebbe stato individuato in una località segreta a sud di Damasco insieme ad altri importanti ufficiali ribelli. Esce di scena un personaggio importante, tra i ricercati principali del regime di Assad ma anche nel mirino dell’Isis di cui era un nemico giurato.
È un colpo molto forte inferto ai ribelli ma probabilmente la sua uccisione rientra in un disegno più ampio perché la sua ingombrante presenza, trattandosi di un capo carismatico con parecchio seguito, avrebbe potuto in qualche modo porre un ostacolo ai negoziati di pace.
Tregua nei sobborghi di Damasco
Grazie alla mediazione dell’Onu, è stato inoltre imposto il cessate il fuoco in tre sobborghi a sud di Damasco dove si erano asserragliati oltre duemila jiahdisti, tra cui i combattenti dell’Isis e di Al Nusra. I miliziani islamisti hanno lasciato il campo profughi palestinese di Yarmuk e l’evacuazione è avvenuta ovviamente con il beneplacito del governo di Assad. La tregua riguarda anche i sobborghi di Hajar al-Aswad e Qadam. L’operazione prevede di evacuare almeno 4.000 persone che saranno trasferite nelle città di Raqa e Marea, sotto il controllo rispettivamente di Isis e Al Nusra, nel Nord del Paese.