Emergono nuovi dettagli sull'attentato che l'altro ieri ha colpito il quartiere diplomatico di Jakarta, la capitale dell'Indonesia, dove una serie di spari e almeno 6 esplosioni hanno provocato la morte di 7 persone, 1 canadese, 1 poliziotto, 5 terroristi e il ferimento di almeno altre 20.
Volevano imitare Parigi
Secondo la ricostruzione delle forze speciali locali, alle incursioni del commando hanno partecipato tra i 10 e i 14 uomini armati, con 4 sospetti attentatori che sono stati poi arrestati. L'attentato è stato subito rivendicato dall'Isis, che tramite l'agenzia di stampa Amaaq legata al califfato, ha precisato che lo scopo dell'azione era mirata a colpire i cittadini stranieri e le forze di sicurezza che li proteggono.
Per il capo della polizia locale Tito Karnavian, il motivo che ha generato gli attentati è una prova di forza, tendente a dimostrare ad altri gruppi sovversivi analoghi presenti nel sud-est asiatico, che quello con base in Indonesia ha la capacità e la determinazione di pianificare e portare a termine attacchi così cruenti.
La responsabilità del sanguinoso gesto è da attribuire a Bahrun Naim, folle terrorista legato all'Is tuttora latitante, che mira a divenire il leader e punto di riferimento del califfato del terrore nel sud-est asiatico.
"La strategia degli attentati e degli attentatori è cambiata significativamente: non ci si concentra più solo sulla Siria o sull'Iraq, ma si vuole ampliare la zona degli attacchi: Parigi e altri paesi europei, il nord Africa, Istanbul, la Thailandia e Singapore.
Dopo che è emersa questa idea, Naim ha progettato l'attacco per farsi notare da Al Baghdadi e dagli altri capi del Daesh presenti in Indonesia."
Il Presidente Widodo, ricordando che già numerosi attentati erano stati sventati in passato dalle forze di sicurezza, ha elogiato il tempestivo e risolutivo intervento della polizia, che nonostante la pericolosità di quanto accaduto è riuscita a contenere l'emergenza, riportando la situazione sotto controllo in poco tempo.
Isis: dall'Indonesia alla Siria
Nonostante l'Indonesia sia il paese al mondo col più alto numero di musulmani, è l'Islam moderato a prevalere sulla frangia più integralista e conservatrice. Vietato comunque abbassare la guardia: è un dato di fatto, che anche da un paese così lontano, rispetto ai domini dello sceicco del terrore, aderiscano all'Isis diverse centinaia di militanti indonesiani e malesi, che si ritrovano poi a combattere per il califfato, in zone di guerra lontane migliaia di chilometri.