Alla fine di una lunga diatriba, Google ha accettato di pagare 130 milioni di sterline al fisco inglese, che da tempo stava cercando di riscuotere le tasse mai pagate dal colosso di Mountain View. L’indagine era partita nel 2013 con un’inchiesta della Reuters su alcune attività sospette di Google in Gran Bretagna: come scoperto dai giornalisti dell’agenzia stampa inglese, la società americana aveva assunto in Inghilterra centinaia di addetti alle vendite, pur avendo dichiarato di non effettuare vendite nel Paese.

“Il modo in cui le multinazionali pagano le tasse – ha dichiarato un portavoce di Google - è stato dibattuto per molti anni, perciò il sistema fiscale si sta modificando di conseguenza.

L’accordo ottenuto è il risultato di questo cambiamento”. A seguito dell’accordo, il ministro britannico delle finanze, George Osborne, ha rivendicato il risultato ottenuto come diretta conseguenza delle nuove regole da lui introdotte. Di diversa opinione il partito laburista, che attraverso il portavoce John McDonnell, ha definito il risultato come “un accordo tra spasimanti”. La cifra di 130 milioni di sterline “è relativamente insignificante se paragonata a quello che si poteva ottenere” ha aggiunto McDonnel.

Una stima su quello che avrebbe dovuto in effetti pagare google è stata fatta dall’esperto di politiche economiche Richard Murphy: “l’accordo è un disastro – ha affermato Murphy – Google avrebbe dovuto pagare 200 milioni di sterline all’anno dal 2005”.

Google però non ha infastidito solo l’Inghilterra: l’azienda americana è da tempo nel mirino dei governi e delle istituzione europee a causa degli stratagemmi messi in atto per eludere il fisco. Attraverso unatriangolazionetra una sede irlandese, una olandese e una in un paradiso fiscale, Google è riuscita ad evadere nel corso degli anni molti miliardi di euro di tasse che sarebbero dovuti finire nelle casse degli stati.

Spostando gli utili ottenuti in Europa verso la sua sede alle Bermuda, Google ha pagato per anni un aliquota pari a 0, contro quella del 12,5% che avrebbe dovuto in teoria pagare al governo Irlandese.