"Mi chiamano parroco anticamorra, ma quale? Io sò a favore della camorra, non è una finzione": amara la provocazionefatta ieri da Angelo Berselli, 60 anni e parroco di San Giorgio Maggiore di Forcella, uno dei quartieri più difficili di Napoli.
Dichiarazionipesanti lanciate durante la manifestazione per Maikol Russo, il 27enne ucciso, forse, per uno scambio di persona lo scorso 31 dicembre. Ieriil parroco è tornatosu quella frase che ha sollevato non poche polemiche, ovvero: "Quando mi intitolano il nome diparroco anticamorra, ioreplicoironizzando: ma quale anticamorra?Io sono a favore della camorra.
E’ l’unicacosa che funziona abbastanza bene, dovremmo istruirci: prendersi cura dei reclusi in carcere, c'è un sostegno alle famiglie, c'è una richiesta di mano d'opera straordinaria che purtroppo questo non avviene nella società normale, si prende cura dei propri dipendenti, soprattutto quando si trovano in casi di necessità. Ci sarebbero diverse cose da pigliarecomeesempio, ovviamente con un substrato morale completamente diverso” e continua dicendo, stavolta provocando chi detiene il potere politico: "Lo Stato ha la sua (della camorra) stessa attenzione? Penso che questo sia il senso della provocazione lanciata".
"La camorra a volte è una scelta di seconda mano"
Prova rabbia e frustrazione don Angelo Berselli, lo stesso avvilimento che si prova nei vicoli di Napoli dove si spara alla gente ed il pizzo lo si spaccia indisturbati senza nessuna telecamera che riprenda la scena e dove l'omertà e la paura di denunciare regnano sovrane."La camorra non è una scelta prioritaria: spesso la camorra, per i giovani che ci vanno a finire dentro, è una scelta di seconda mano ed obbligata e lo Stato e le istituzioni varie la cosa migliore che riescono a fare è promettere, ma capisce bene che con le promesse si risolve poco" dichiara ad una intervistatrice del telegiornale Rai1.
Parole dure che creano ed hanno creato scompiglio in tutti i settori ma che servono a spronare a fare qualcosa chi può e dovrebbe fare per dovere morale, ma che, purtroppo, ancora non ci si mobilita, o comunque, quello che si fa è poco.