#Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), non si lascia mai sfuggire occasione per esternare il suo pensiero. Lo ha fatto a Firenze, intervenendo al convegno dei responsabili amministrativi degli atenei italiani e sostenendo il legame tra corruzione e fuga di cervelli dalle università del Belpaese. Per l’occasione ha commentato anche il “gran rifiuto” di Virginia Raggi a ospitare le Olimpiadi a Roma. Secondo Cantone, sarebbe stata eccessiva la preoccupazione del sindaco nel pronosticare sicure infiltrazioni criminali nelle procedure d’appalto.
A ogni buon conto, se nella città eterna i giochi non si faranno, come ormai sembra certo, non si saprà mai chi dei due abbia ragione.
Cantone: legame tra corruzione in università e fuga di cervelli
Tornando alle nostre università, Cantone ha affermato testualmente: «C’è un grande collegamento, enorme, tra fuga di cervelli e corruzione». Dichiarazione il cui fondamento risiederebbe nelle tantissime segnalazioni che arrivano, soprattutto in occasione di concorsi, all’attenzione dell’Autorità presieduta dal magistrato. In sostanza, raccomandazioni e favoritismi impedirebbero a chi se lo merita, ma non è “figlio d’arte”, di poter accedere alla carriera accademica. Da qui la decisione di trovare centri di ricerca all’estero più attenti alle doti intellettuali che alla consanguineità.
Peccato che proprio in questi giorni la rivista inglese Times Higher Educationabbia diffuso il World University Ranking 2016, documento che prende in esame quasi mille università presenti in 79 Paesi del mondo. Nei primi 200 posti, per trovare un' università italiana bisogna arrivare fino al 137°, dove c’è la Scuola Normale Superiore, e al 190°, occupato dalla Scuola Superiore Sant’Anna, entrambe di Pisa.
Non solo parentopoli. Quello che dicono i ranking internazionali degli atenei
Certo, la classifica non è la Bibbia e c’è chi, come Giuseppe De Nicolao, professore ordinario di Identificazione dei modelli e analisi dei dati all’Università di Pavia, ne contesta autorevolmente i criteri dalle colonne del giornale online Roars. Tuttavia, tenendo per buona la graduatoria, ciò che salta all’occhio è la mancanza, tra le prime 200, delle università private italiane più note e, presumibilmente, migliori.
Manca la Bocconi, la Cattolica, l’Università Vita-Salute San Raffaele, la Luiss, solo per citarne alcune. A differenze di quelle statali, dovrebbero essere fondate su una consuetudine meritocratica meno soggetta alla parentopoli baronale evocata da Cantone. In teoria, avrebbero le carte in regola per attrarre cervelli stranieri, oltre che per trattenere quelli nazionali. E questo lo dimostrerebbe il loro buon posizionamento nei ranking internazionali. Se così non è, significa che è l’offerta accademica italiana nel suo complesso a essere carente, in termini di mezzi, risorse e opportunità. Tanto da spingere i nostri giovani più in gamba a cercare altrove luoghi propizi a coltivare il proprio talento.