Lo scorso marzo la presa di Palmira da parte dell'esercito regolare siriano, supportato dall'aviazione russa, rappresentò una delle maggiori vittorie contro lo Stato Islamico. In quella circostanza, per la prima volta, l'Occidente aveva ammesso l'importanza dell'intervento militare di Mosca nella lunga guerra all'Isis. La notizia di una controffensiva del Califfato nella storica città, patrimonio dell'Unesco, è pertanto inquietante e rivela una capacità riorganizzativa da parte delle milizie jihadiste che è stata probabilmente sottovalutata.
L'avanzata secondo le fonti occidentali
Fonti dell'opposizione al governo di Assad, tra cui il famigerato Osservatorio siriano per i diritti umani, hanno riferito dell'avanzata del Califfato i cui combattenti, dopo tre giorni di aspra guerriglia, sarebbero riusciti a conquistare il sobborgo di al-Amiriya, prendendo possesso di numerose postazioni delle forze governative e dei pozzi di petrolio circostanti. Manca, ovviamente, la conferma ufficiale da parte di Damasco che, sempre secondo le fonti suddette, avrebbe inviato riforzi alle proprie truppe. Nella battaglia sarebbero caduti oltre cinquanta militari siriani.
Ria Novosti: 'La città resta sotto il controllo del governo'
L'agenzia russa Ria Novosti ha però parlato di un'efficace risposta da parte delle truppe siriane.
L'esercito, insieme alle milizie iraniane e libanesi che lo supportano, avrebbero infatti costretto ad indietreggiare i combattenti dello Stato Islamico, riprendendo il controllo di tutte le alture del crinale Attar nei pressi di Palmira. "I militanti del Daesh stanno effettuando attacchi che, però, sono stati respinti", sostiene Ria Novosti, citando una fonte nell'esercito siriano.
A supporto di questa notizia anche il comunicato dell'agenzia yemenita al-Masdar. "I terroristi del Daesh entrati a Palmira sono stati cacciati dopo l'attacco di aerei siriani e caccia russi".
La mancanza di un fronte comune
Negli ultimi mesi, vissuti attorno al drammatico assedio di Aleppo che sembra ormai giunto verso l'epilogo con la vittoria delle forze governative, ci si è quasi dimenticati dell'Isis.
Subito dopo la presa di Palmira, Bashar al-Assad aveva annunciato l'intenzione di puntare su Raqqa, sedicente capitale del Califfato. Ma l'operazione militare è tornata quasi subito nei ranghi e l'obiettivo del rais è diventato Aleppo, con lo scopo di farla finita con il grosso dei ribelli. L'offensiva del Daesh, pertanto, mette in luce il vero problema del caos siriano, la mancanza di un fronte comune. Da mesi ci si massacra tra le rovine di Aleppo e si discute sul futuro di una Siria ancora in guerra. Mosca e Washington hanno inscenato una sorta di referendum 'pro e contro Assad' ma intanto la sconfitta delll'Isis in Siria è tutt'altro che vicina. E qui, non possiamo che citare le parole di Donald Trump, "se la Russia ed Assad combattono l'Isis, allora non sono nostri nemici.
Il nostro nemico è il terrorismo", aveva detto il neopresidente degli Stati Uniti. E per quanto politicamente inesperto, populista, irriverente, imprevedibile e quant'altro, ha probabilmente detto una delle poche cose sensate degli ultimi mesi.