Quello che sta accadendo oggi, potrebbe essere l'inizio di una rivoluzione che vede coinvolti i social network finora considerati intoccabili. La notizia arriva da Orlando (Florida) e ripercorre l'attentato avvenuto nella discoteca gay 'Pulse', dove furono massacrati una cinquantina di ragazzi per mano della guardia giurata Omar Mateen. A distanza di sei mesi da quella strage, che vide l'uccisione del responsabile in uno scontro a fuoco con gli agenti, i familiari di tre vittime dell'attentato hanno denunciato il social Google, Facebook e Twitter, in quanto fornitori di 'materiale pubblicitario di supporto' all'Isis e artefici responsabili di aver radicalizzato l'autore della strage.

Strage colpa dei social network, perché?

L'era dell'informatizzazione, dove tutto è ormai raggiungibile con un clic o più semplicemente considerato, 'a portata di mano', ha fornito la convinzione nelle famiglie dei defunti, che senza la propaganda esposta dai social network: Youtube, appartenente alla società statunitense Google (di Sergey Brin e Larri Page), Facebook (di Mark Zuckerberg, Chris Hughes, Dustin Moskovitz, Andrew McCollum e Eduardo Saverin)) e Twitter (di Jack Dorsey, Evan Williams, Biz Stone e Noah Glasse), non sarebbe potuta avvenire la massiccia crescita dell'Isis, oggi conosciuto come il gruppo terroristico più pericoloso e temuto al mondo.

Strage Orlando, in giudizio contro social network

I nomi dei ragazzi uccisi nella discoteca 'Pulse', a Orlando e per la quale i familiari hanno chiesto il giudizio con procedimento legale per le società Google 'Youtube', Twitter e Facebook sono: Juan Ramon Guerrero, Tevin Crosby e Javier Jorge-Reyes.

Questa sarebbe la prima volta che un gruppo di genitori si schiera contro i social network più potenti al mondo e potrebbe essere l'avvio di una rivoluzione che ne sfaterebbe il mito dell'intoccabilità. A sostegno della tesi che ha portato le famiglie dei tre ragazzi al procedimento legale, ci sarebbe il consenso degli infiniti account concessi dai social network nominati, che sarebbero serviti all'Isis per la raccolta di denaro in favore della causa, espandendo la propaganda estremista in favore del reclutamento di nuovi adepti. Per adesso, Google, Facebook e Twitter restano in silenzio, mentre noi attendiamo di conoscerne la reazione e il prossimo commento.