Al settimo giorno di presidenza Usa, Donald Trump mostra al mondo, se non lo avesse ancora capito, che lui fa sul serio e che ciò che aveva annunciato in campagna elettorale non va preso solo in serissima considerazione, ma proprio alla lettera.
Il tanto annunciato muro strategico con il messico per fermare la 'piaga' americana, l'immigrazione illegale, non solo sì farà, ma a pagare il conto saranno i messicani, anche se non intendono sostenere la spesa.Trump ha trovato il modo: per finanziare i costi di costruzione della 'grande muraglia', è pronta una tassa del 20% sulle importazioni messicane.
E la condizione posta è unilaterale al punto da far saltare l'incontro che era previsto con il presidente messicano Nieto martedì prossimo a Washington, per discutere proprio di immigrazione e commercio.
Muro contro muro, rottura con il presidente messicano a colpi di Twitter
Trump ha mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale: la svolta protezionista è arrivata; il cavallo di battaglia dei suoi comizi non era una sottile metafora. Ha subito firmato il decreto che dà il via libera alla costruzione del muro, una barriera di oltre 3 mila chilometri che lambisce 4 stati Usa e 6 stati messicani, dal costo stimato tra i 10 e i 25 miliardi di dollari.
Poi ha annunciato con un Twitter, diventato con The Donald il nuovo canale della diplomazia, che "se il Messico non è disposto a pagare il muro, meglio cancellare l'incontro" in agenda.
of jobs and companies lost. If Mexico is unwilling to pay for the badly needed wall, then it would be better to cancel the upcoming meeting.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 26 gennaio 2017
Tutto ciò è avvenuto proprio mentre una delegazione messicana era arrivata a Washington per cercare di trattare con l'amministrazione americana.
La risposta stizzita del presidente Enrique Pena Nieto non si è fatta attendere. "Il Messico dà e chiede il rispetto dovuto come nazione sovrana", ha scritto in un primo tweet.
México ofrece y exige respeto, como la Nación plenamente soberana que somos.
— Enrique Peña Nieto (@EPN) 26 gennaio 2017
"L'ho detto e ripetuto, il Messico non pagherà per il Muro", aveva già detto in tv.
"Condanno e mi rammarico per la decisione del governo statunitense di continuare con la costruzione di un confine che per anni ci ha diviso più di quanto ci abbia unito", ha aggiunto via tweet e dopo la 'provocazione' di Trump, gli ha risposto per le rime, con un suo nuovo tweet: "Questa mattina abbiamo informato la Casa Bianca che non parteciperemo alla riunione programmata il prossimo martedì con Potus" che sta per il presidente Usa.
Esta mañana hemos informado a la Casa Blanca que no asistiré a la reunión de trabajo programada para el próximo martes con el @POTUS.
— Enrique Peña Nieto (@EPN) 26 gennaio 2017
In verità parte della stampa americana ritiene che questa di NIeto sia solo un'operazione di facciata perché lo considera ambiguo e complice del progetto politico di Trump, a capo di un'amministrazione che ha da barattare con gli Usa l'impunità per scandali, corruzione e violazione dei diritti umani.
Certo è che il muro, in parte già esistente ma da estendere e rafforzare, non è solo una barriera fisica tra Usa e America Latina, ma politico-economica che si traduce in una guerra commerciale in cui l'asimmetria tra i contendenti è macroscopica.
Come far pagare il conto della grande muraglia al Messico
Il conto della 'grande muraglia', il Messico lo pagherà e sconterà in forma di guerra commerciale. Come dichiarato dal portavoce di Trump, Sean Spicer, l'intenzione dell'amministrazione Usa è di applicare un dazio del 20% su tutti i prodotti 'made in Mexico' che varcheranno la frontiera Usa (pari a 316 miliardi di dollari nel 2015). Dazi poi da applicare a tutto l'import globale.
Questa manovra permetterebbe di raccogliere 10 miliardi di dollari l'anno.
Il tutto facendo saltare gli accordi del trattato Nafta istituito nel 1994 tra Usa, Canada e Messico, recedendo dal vincolo in forma unilaterale.
Difficile immaginare ritorsioni da parte del Messico in forma di un analogo dazio perché le esportazioni messicane verso gli Usa superano le importazioni. Di fronte alla reazione e alle proteste di parte della politica e imprenditoria Usa, poi lo stesso portavoce Spicer ha smorzato i toni dicendo che è solo una delle ipotesi al vaglio.
Ma le proteste per il muro messicano stanno già dilagando sui social dopo l'hastag incendiario #FuckingWall dell'ex presidente messicano, Vicente Fox Quesada.