Scrivere sui social network o in altri "luoghi pubblici" dei meandri del web che una persona non ha onorato un debito (dal mancato pagamento di una fattura al canone di affitto di un immobile) configura il reato di diffamazione, anche nel caso che lo scrivente sia in grado di dimostrare il fatto che la circostanza sia vera. Parimenti si rischia di concretizzare tale reato anche accusando di essere un truffatore un individuo che non ha consegnato un oggetto che aveva posto in vendita, almeno fino a quando non c'è una sentenza a stabilirlo. Il sito laleggepertutti.it ha recentemente esaminato alcune sentenze della cassazione, per capire quale sia l'orientamento della giustizia in casi come questo.

Vediamo cosa è emerso.

Le pronunce della Cassazione

La Cassazione ha stabilito e confermato a più riprese che scrivere sui social network che una persona ha un debito non pagato è reato. La diffamazione ovviamente non si configura solo tramite la rete internet, ma anche, per esempio, affiggendo sul portone di un palazzo (o in altri luoghi aperti al pubblico) i nomi dei condomini che non hanno pagato la retta mensile. In questo caso la Cassazione ha sancito che la divulgazione dei nomi delle persone morose mediante l'affissione sulla porta configura il reato poiché l'avviso con i nominativi può essere visto da un numero indefinito di persone che non hanno interesse nell'apprendere la notizia. Se la divulgazione dei dati invece avviene in un ambito ristretto e interessato alla questione, come un'assemblea condominiale, il discorso cambia.

Per chi non rispetta la legge il rischio è di andare incontro ad una pena di un anno di reclusione e una multa fino a 1.032 euro, ai quali potrebbe aggiungersi una richiesta risarcitoria della parte lesa. In passato i giudici della Cassazione hanno condannato un uomo colpevole di aver caricato in rete un video intitolato "facce da schiaffi" nel quale veniva fatto il nome di un suo debitore.

Unica eccezione una sentenza di Roma

Se l'orientamento della giurisprudenza è quello sopra illustrato, nel 2015 a Roma un giudice si è espresso contro corrente, sancendo che scrivere su Facebook che un individuo non ha onorato un debito rientrerebbe nel "diritto di critica" e nella "libertà di pensiero" garantita dalla Carta Costituzionale.

Ma questa pronuncia fino ad oggi risulta essere un caso isolato, pertanto anche di fronte a certe situazioni che possono scaldare gli animi, è bene valutare bene cosa scrivere sui social network. Il rischio è quello di ritrovarsi, oltre al danno, anche la beffa di dover risarcire il debitore.