Quando si tratta di inclusività, purtroppo, il nostro paese appare ancora molte volte troppo arretrato. Raffaella Bedetti e Claudia Protti, che insieme hanno fondato il blog parchi per tutti, hanno rilasciato un'intervista a Ofcs Report, nella quale hanno spiegato come in Italia esista un numero assolutamente irrisorio di parchi accessibili anche ai bambini con disabilità.

Nessun censimento ufficiale

Le due donne, innanzitutto, hanno affermato che non ci sia alcun censimento ufficiale in materia e che quindi, dal momento in cui hanno aperto il loro sito 3 anni fa, hanno cominciato a raccogliere autonomamente, con l'aiuto di conoscenti e diverse segnalazioni provenienti da altri internauti, i dati relativi ai parchi realmente inclusivi presenti nelle nostre città.

Questa ricerca le ha portate a decretare che, al momento, esistano circa 400 parchi che hanno al loro interno almeno una giostra fruibile anche da bimbi disabili e che di questi, però, solo una quarantina possono essere definiti realmente inclusivi. Questo perché, in gran parte degli altri casi, i giochi sono stati installati su terreni poco adatti al transito delle carrozzine, piuttosto che su superfici piane, oppure sono composti da ripide scalette o altri elementi quali corde o piccole pareti d'arrampicata che non possono essere utilizzate da tutti.

Sensibilizzare le amministrazioni pubbliche per dare ad ogni bambino il diritto di giocare

Capita spesso che i problemi inizino già al momento di entrare nel parco, perché la ghiaia, i gradini e l'erba alta rappresentano delle barriere complesse da superare.

Chiaramente non è semplice realizzare un progetto di questo tipo, perché sono richiesti tempi lunghi e investimenti di una certa entità. Claudia e Raffaella, infatti, hanno portato l'esempio di un bellissimo parco inaugurato a Rimini lo scorso anno, che è costato indicativamente 150.000 euro. Purtroppo quasi sempre il pensiero di andare incontro alle esigenze di tutti i bambini non parte dalle amministrazioni pubbliche, bensì dai singoli privati o dalle associazioni e le due donne lottano per cercare di sensibilizzare le istituzioni e non solo, affinché si arrivi a capire che il gioco è un diritto che dovrebbe poter essere esercitato da chiunque e che quindi, nel momento in cui viene progettata un'area che dovrebbe avere lo scopo di unire e creare la possibilità di un reale incontro per le più giovani generazioni, non si dovrebbe ragionare in un'ottica che, suo malgrado, comporta delle esclusioni.