Cinisi, era 9 maggio del 1978, Peppino Impastato moriva per volere di Tano Badalamenti, un boss mafioso che abitava a soli 100 passi da casa sua. Il corteo che sfila a Cinisi va da Radio Aut a Casa Memoria in ricordo di un giovane Peppino, ribelle e che voleva cancellare dalla mente degli italiani la parola omertà, urlando a pieni polmoni e alla luce del sole l’amara verità che circondava il suo paese. Nel corteo a sfilare dietro lo striscione di Casa Memoria troviamo il fratello Giovanni, che ha perseguito il volere di Peppino oggi divenuto simbolo dell’antimafia.
Ma chi era?
Giuseppe, per gli amici Peppino, Impastato nasce nel ’48 da Luigi Impastato e Felicia Bartolotta in una famiglia inserita negli ambienti mafiosi. Ambiente contro cui lui stesso combatterà con grande tenacia. Per chi non lo sapesse, Peppino era un giornalista che dai microfoni del programma “Onda Pazza” prendeva in giro i politici e i boss mafiosi, tra i quali vi era colui che avrebbe “firmato” le carte della sua fine sia come giornalista che come militante della Democrazia Proletaria e zittito per sempre la sua voce fuori dal coro. Peppino morendo non fa in tempo a sapere l’esito delle Elezioni Comunali, alle quali si era candidato nella lista di Democrazia Proletaria, che a pochi giorni dal ritrovamento del suo corpo, il comune di Cinisi lo elegge simbolicamente al Consiglio Comunale.
Il cammino per trovare e condannare il suo assassino fu una salita molto ripida. Inizialmente il suo omicidio passò in secondo piano poiché poche ore dopo fu ritrovato il corpo senza vita di Aldo Moro. Nel 1984 il Tribunale di Palermo riconosce la matrice mafiosa del delitto, ma nel 1992 lo stesso tribunale archivia il caso.
Grazie alla tenacia dei familiari ed ai suoi amici il caso venne riaperto e l’11 aprile 2002 Gaetano Badalamenti venne riconosciuto colpevole come mandante dell’omicidio di Peppino e condannato all’ergastolo.
Nel 2004 Felicia Bartolotta, madre devota di Impastato morì dopo aver lottato duramente per ottenere la verità. Esattamente 24 anni dopo la sua uccisione, Peppino e chi ha sempre creduto in lui hanno ricevuto giustizia.
Peppino vivrà per sempre grazie al centro Impastato, situato presso la casa natia dello stesso.
Finché era in vita, ad accogliere i visitatori al civico 220 di corso Umberto Primo vi era la madre che ricordava chi era il figlio, oggi si potrà trovare il fratello Giovanni. All'interno della casa è possibile visionare anche la camera da letto utilizzata da Peppino con la sua macchina da scrivere ed il tesserino dell'ordine dei giornalisti dato alla famiglia post mortem.