A Seongju si scende in strada ancora una volta per ribadire la posizione del popolo sudcoreano sulla questione "Thaad", il sistema missilistico di difesa posizionato dagli USA per garantire la schermatura da eventuali attacchi da Pyongyang. Questa volta a lanciare l'appello è proprio Lee Sou-Ju, leader del "movimento anti-thaad", con un appello a tutto il mondo affinché si comprenda l'inutilità e la pericolosità del Thaad nella delicata fase dei rapporti tra le potenze coinvolte nella questione coreana. Il messaggio, dichiara Lee ai giornalisti, "è rivolto all'Italia ma anche a chiunque sia interessato alla pace".

Il movimento anti-thaad

Una questione molto discussa, quella del posizionamento del Thaad, che suscita ancora molte polemiche tra il popolo sudcoreano, sempre più scettico riguardo la necessità di ospitare il sistema Usa in grado di "intercettare e distruggere missili balistici a corto raggio". Dopo le polemiche con la Cina, sempre più convinta che lo scopo del collocamento del sistema antimissile sia quello di monitorare tramite i radar le attività militari di Pechino, il popolo della sud corea dice di nuovo la sua, dimostrando di temere più lo scudo americano che la bomba del leader nordcoreano Kim Jong-un. Molti i dubbi, dunque, anche sulle complicazioni portate dal Thaad in vista di una risoluzione pacifica delle ostilità: la volontà da parte del popolo della sud corea di riunirsi con la Corea del Nord, con la quale "hanno diviso lingua e cultura per 5 mila anni e ai quali presto intendono riunirsi", è d'altronde sempre più evidente.

Lo sottolinea a gran voce Lee, 64 anni, ormai capo indiscusso e leader del movimento anti-thaad: "Per proteggerci dall'atomica le preghiere funzionano meglio", dichiara, certo che rilanciare il dialogo con Pyongyang resta tutt'oggi l'unica via percorribile per la risoluzione dei problemi tra Usa e Corea del Nord

Il Thaad per spiare Pechino?

Una questione, quella del Thaad, cominciata con l'accordo tra Seul e Washington, e che ancora oggi non ha tenuto conto dei rischi sull'impatto ambientale richiesto dallo "Status of forces Agreement", l'organo che di fatto riveste il compito di monitorare la presenza dell'esercito americano in Corea del Sud.

Oltre ciò, sono molte le perplessità sulla reale utilità del Thaad per Seul: il piccolo villaggio di Seongju, infatti, dista circa 210 chilometri da Seul, mentre la gittata del Thaad è solo di 200 chilometri, motivo per cui è plausibile pensare che nei piani degli Usa ci sia prima di tutto l'intenzione di proteggere le loro basi, più che schermare Seul da eventuali attacchi di Pyangyong.

Non meno importante, soprattuto per una popolazione di agricoltori, il rischio di alterare il delicato equilibrio di una zona fertile e produttiva dal punto di vista agricolo, che da sola produce circa il 60% della produzione nazionale del melone, risorsa fondamentale per l'economia del paese. A tutto ciò va ad aggiungersi la situazione sempre più delicata della Cina che, dopo le esercitazioni congiunte tra Usa e Corea del Sud, soffre sempre meno la presenza di Washington nei mari di Corea e teme il Thaad sia l'ennesimo gesto arrogante da parte dell'amministrazione Trump. Al riguardo si era già espresso il ministero della Difesa subito dopo l'accordo di Seul, dichiarando che la Cina "avrebbe adottato le contromisure più adeguate e che avrebbe preso in considerazione le azioni necessarie per difendere la sicurezza nazionale e l'equilibrio strategico".

Una questione di 'coscienza civile'

Intanto ad alzare la voce per le strade di Seongju ci sono i cittadini, convinti che l'unico cambiamento lecito sia quello del disarmo e del dialogo. Al grido "no-thaad" hanno invaso le strade in modo pacifico anche dopo il patto tra Washington e Corea del Sud e, da quel momento, hanno dato vita a numerose manifestazione in tutto il territorio nazionale, sottolineando a gran voce la necessità dello smantellamento dello scudo antimissile Thaad. Non sono tuttavia mancati scontri con la polizia locale e, in alcuni casi, ci sono stati anche numerosi feriti tra i manifestanti. Episodi che non hanno peraltro intaccato la volontà del popolo sudcoreano, il quale continua a volere la pace e la rimozione dello scudo.

Lo testimoniano la nascita di oltre 150 organizzazioni "no-thaad", che a loro volta hanno dato vita alla "National Action to Oppose Thaad Deploment in Korea", organo che conduce attività coordinate in tutto il territorio della Corea. E' chiaro che l'unico scopo dello scudo è quello di "dividere ancora di più Corea del Sud e Corea del Nord".