Questa volta ad alimentare l'incubo di un'ipotetica Terza Guerra Mondiale è la testata Wall Street Journal, che rompe il silenzio tra Usa e Corea del Nord annunciando "un presunto piano del Pentagono di espandersi nella regione Asia -Pacifico". Nulla di confortante, dunque, se si pensa agli sviluppi di una situazione sempre sul filo del rasoio che si è di nuovo animata dopo l'arresto dell'ennesimo cittadino americano a Pyongyang. Nella testata in questione, si specifica anche la cifra che l'amministrazione Trump avrebbe investito nel "progetto di espansione" al fine di aumentare la presenza di Washington nel territorio asiatico in un arco di tempo di circa 5 anni, ovvero ben 8 miliardi di dollari.

Il 'progetto ambizioso' del Pentagono in Asia

L'iniziativa farebbe dunque parte dei progetti geopolitici degli USA e toglie per un attimo il velo anche alla questione nucleare sbandierata tanto dai difensori del tycoon nei confronti del regime di Pyongyang. Tuttavia, è ancora presto per parlare di un nuovo Iraq, sebbene i presupposti mostrano una certa familiarità con le recenti guerre Usa nei confronti di popoli sui quali si rifletteva l'interesse economico e politico del Pentagono. Trump, d'altronde, non ha mai negato l'interesse per un piano di espansione in Asia e in particolare in Corea del Nord. Non ne fa mistero, d'altronde, nemmeno il senatore John McCain, che avrebbe proposto il piano a Trump, dichiarando che "tale iniziativa potrà aumentare il potenziale militare Usa e stabilizzare ancor di più la posizione americana nella regione".

Ne consegue un ingente dispiegamento di mezzi militari e, per questo motivo, il presidente Trump si starebbe già adoperando per recuperare ulteriori fondi, aumentando di conseguenza quelli dell'anno a venire di circa 5 miliardi di dollari.

Cina ancora 'ago della bilancia': ecco le nuove richieste per Washington

Non starà di certo a guardare la Cina.

Come per la collocazione del Thaad, a minare i sottili equilibri tra Usa e Pechino, sarebbe l'avanzata della "armada" di Trump nel mare di Corea e le operazioni congiunte con la Corea del Sud. Una presenza scomoda, quella del Pentagono in Asia, per la quale la Cina avrebbe ribadito proprio nelle ultime ore al governo Trump l'ennesima richiesta di allontanamento delle forze militari del Pentagono dall'oceano Pacifico, così da scongiurare il pericolo di un invasione futura delle regioni asiatiche: ciò avverrebbe in concomitanza, tra l'altro, con un'azione più dura delle Cina nei confronti di Pyongyang e con sanzioni più severe di Pechino nei confronti della Corea del Nord nel caso si verificassero futuri test missilistici, ripagando dunque Washington della cortesia.

Ruolo di ago della bilancia che comincia a pesare sulle spalle della Cina, peraltro impensierita non poco dalla massiccia avanzata statunitense nell'area asiatica e, come detto, dal posizionamento minaccioso del Thaad a Seongju, in Corea del sud. Tra l'altro, a pesare sulla coscienza di Pechino a questo punto non sarebbe solo la sorte delle vicine regioni "asiatiche", ma anche quella di un ipotetico conflitto della portata mondiale, oltre al fatto che sarebbero i primi ad essere colpiti dalla furia di Kim Jong-un insieme alla Russia e Corea del Sud.

Pyongyang: arrestato nuovo cittadino Usa

In questo contesto le provocazioni da parte del regime di Kim Jong-un nei confronti del Pentagono non sembrano destinate a finire.

A minare ulteriormente i rapporti già piuttosto precari tra le due potenze, l'ennesimo arresto di un cittadino americano. Salgono dunque a quattro, gli arresti fin'ora e, come i precedenti, anche quest'ultimo ostaggio sarà utilizzato dalla Corea del Nord per dettare le condizioni a Washington e imporre la sua linea dura in vista di una guerra che si prevede molto prossima. Lo scopo di Kim Jong-un, infatti, è chiaramente quello di tenere alta la tensione, senza tuttavia calcare la mano con la Corea del Sud, che si avvia all'elezione del presidente Moon Jae-in. Proprio per questo motivo Kim Jong-un non può dare il via a nuovi test missilistici, e al fine di non infastidire la Corea del Sud nel delicato giorno delle elezioni, prosegue con la caccia all'ostaggio americano.

Le accuse che vedono indiziato di nuovo un cittadino americano, sarebbero di presunti "atti ostili" nei confronti del regime nordcoreano; tuttavia, la vacuità delle motivazioni, spinge sempre di più la Casa Bianca a credere che Pyongyang voglia più che altro utilizzare l'arma del ricatto contro quelli che ormai considera "imperialisti invasori". Per l'appunto, l'ultimo finito dietro le sbarre si chiama Kim Hak-song (nome coreano, ma cittadino americano). Un altro professore, dunque, dopo Tony Kim, arrestato due settimane fa, e sempre appartenente alla University of Science and technology, unica università privata del regime di "stampo stalinista": caso singolare, quello della cosiddetta "Pust", essendo l'unica università sovvenzionata da americani in Corea del Nord e, come se non bastasse, anche di religione cristiana, laddove ogni religione è fortemente bandita dal regime perché vista come un reato.

Del resto, nonostante le accuse di spionaggio di cui si macchiano puntualmente i cittadini americani in Corea del Nord, non è difficile interpretare tali accadimenti come le mosse su una scacchiera più ampia in cui si sta giocando la partita decisiva tra Usa e Pyongyang. Ora però è necessario trattare (quello che vuole Kim Jong-un) e dunque la palla passa come al solito al Dipartimento di Stato Usa.

Ultima speranza: incontro 'Trump- Bergoglio'

La speranza è che la situazione si normalizzi anche grazie all'azione diplomatica della chiesa cattolica in vista dell'incontro previsto per il 24 maggio al Vaticano tra il pontefice e il presidente Donald Trump. L'occasione potrebbe garantire l'innesto di una fase di riflessione per il presidente Usa e, allo stesso tempo, Papa Francesco potrebbe portare ancor di più il presidente Trump sulla strada del dialogo, facendolo ragionare sull'eventualità disastrosa di un confronto bellico "di portata mondiale".

Stando a quanto dichiarato recentemente dal Papa, la chiesa infatti "non vede di buon occhio nessuna armata schierata sul campo da guerra, che si tratti di Usa o della Corea del Nord". D'obbligo pensare, dunque, che anche la chiesa spinga verso la risoluzione pacifica e che oltre la Cina anche il Papa possa definire con il suo apporto una svolta diplomatica decisiva all'ipotesi Terza Guerra Mondiale.

Il rischio sanzioni Onu per la Cina

Per ultimo, ma di rilevanza fondamentale, le recenti "sanzioni varate dall'Onu contro Pyongyang", che comprendono anche tutti i paesi che commerciano con le aziende "sotto embargo della Corea del Nord". Sembra infatti che la Cina abbia diversi affari legati al commercio con una nota società nordcoreana, che a quanto pare risulta però sotto sanzioni Onu dal 2009, poiché sospettati di un collegamento con la corsa agli armamenti nucleari di Pyongyang.

La questione potrebbe dunque incrinare ulteriormente i rapporti tra Cina e Usa? Per gli esperti dell'ONU, la questione è molto semplice: hanno presentato infatti un rapporto in cui la Corea del Nord avrebbe ricevuto armamenti militari come missili e aerei leggeri proprio dalla CIna attraverso compagnie prestanome. A questo punto Washington riserverà alla Cina lo stesso trattamento e le stesse sanzioni definite dall'Onu per Pyongyang? L'unica certezza, per ora, è che l'ipotesi Terza Guerra Mondiale resta dietro la porta.