Nella giornata di martedì 6 giugno il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha legato l'isolamento diplomatico in atto nei confronti del Qatar al suo recente viaggio in Arabia Saudita.

Lo scoppio della crisi

Da lunedì 5 infatti l'Arabia Saudita e i suoi alleati, tra cui Egitto, Emirati Arabi Uniti e Bahrain, hanno reciso ogni legame diplomatico con Doha, chiuso le linee di comunicazione e di trasporto e intimato ai cittadini dell'emirato di lasciare il Paese entro 14 giorni.

L'accusa nei confronti di Doha è di supportare l'estremismo e il terrorismo. La mossa diplomatica è stata messa in atto meno di un mese dopo il viaggio di Trump in Arabia Saudita nel quale il presidente statunitense aveva chiesto agli stati musulmani di creare un fronte comune nei confronti del fanatismo religioso.

Gli USA predicano unità

Gli Stati Uniti si servono di un'ampia base militare situata nel territorio del Qatar per coordinare le operazioni nella regione, in particolare contro lo Stato Islamico e hanno perciò mantenuto i rapporti con l'Emirato del Golfo. Il Segretario di Stato Tillerson nella giornata di lunedì ha chiesto agli stati del Golfo di restare uniti per risolvere le differenze interne e creare il fronte auspicato dal Presidente.

Il Qatar, estremamente ricco in termini di risorse energetiche, si trova da diverso tempo in una situazione di tensione diplomatica con i propri vicini a causa di visioni divergenti sulla politica internazionale. Ciò nonostante la mossa di Ryad ha stupito molti osservatori accrescendo il timore di una possibile escalation della tensione che potrebbe destabilizzare ulteriormente una regione che si trova in un equilibrio estremamente precario.

Il mondo di Trump

La vittoria di Donald Trump negli USA ha alterato fortemente l'equilibrio regionale in Medio Oriente. Durante il suo primo viaggio istituzionale infatti Trump ha espresso la volontà di non proseguire con la politica di apertura verso Teheran attuata dal suo predecessore Barack Obama e di preferire al contrario un rafforzamento dell'asse sunnita con l'Arabia Saudita.

L'intenzione era parsa chiara sin dall'inizio del mandato presidenziale con l'emanazione del decreto che vietava l'ingresso negli Usa a persone provenienti da sei paesi considerati rischio terrorismo. Tra questi infatti erano presenti l'Iran e l'Iraq, due nazioni a maggioranza sciita, ma non c'era l'Arabia Saudita, il paese d'origine di Osama Bin Laden.