A neanche una settimana dalla manifestazione indetta per celebrare il quarto anniversario delle manifestazioni di Gezi Park, Erdogan torna ad attaccare i manifestanti e l'opposizione in relazione a quanto successo nel giugno del 2013. L'occasione questa volta è stata fornita da un discorso tenuto a una convention del MUSIAD (la Confindustria turca), tenutasi a Istanbul lo scorso 4 Giugno.

L'attacco al CHP

Rivolgendosi agli industriali il presidente Erdogan ha richiamato un messaggio lanciato da Kemal Kiliçdaroglu, leader del principale partito di opposizione (CHP), proprio in occasione del quarto anniversario della manifestazione, ricorso pochi giorni prima.

Il segretario del CHP aveva definito quello di Gezi come "il movimento più democratico, pacificista e unificante" registrato dopo il colpo di stato del 1980, e aveva ringraziato anche tutti coloro che hanno deciso di non rimanere in silenzio di fronte all'ingiustizia. Erdogan ha replicato accusando Kiliçdaroglu e il suo partito di voler destabilizzare il paese, mettendoli in relazione al tentativo di colpo di stato avutosi nel Luglio del 2016. Il Presidente inoltre ha espresso la propria determinazione nel voler "portare avanti questa battaglia costi quel che costi, per non lasciare il Paese in mano agli sciacalli".

Lo stato d'emergenza non finisce

Rispondendo a quella parte di industriali che richiedeva la rimozione dello stato d'emergenza, in vigore da luglio, Erdogan ha esplicitato l'impossibilità di acconsentire a tale richiesta.

"La legge d'emergenza", ha precisato il leader, "rimarrà in vigore per tutto il tempo che si rivelerà necessario a sradicare il terrorismo". A questo proposito ha aggiunto come questa rappresenti un ostacolo solo per i terroristi, mentre sia virtualmente inesistente per tutti gli altri.

Pugno di ferro nella politica estera

Durante il suo discorso sono stati toccati anche temi riguardanti la politica estera e, in particolare, il conflitto siriano.

Parlando delle operazioni in corso a Raqqa, Erdogan ha espresso il proprio disappunto per la scelta degli Stati Uniti di rifornire di armamenti le formazioni dello YPG e del PYD. Queste sigle infatti rappresentano le milizie curde che controllano il territorio del Rojava (regione settentrionale della Siria a maggioranza Curda), le quali non nascondono la propria affinità ideologica con il gruppo indipendentista del PKK, che Ankara considera come terrorista.

A tal proposito Erdogan ha messo in chiaro che, se dovessero giungere delle minacce da quella regione, la Turchia sarà pronta a rispondere senza che nessunos possa vantare la pretesa di essere consultato.