Francia, Regno Unito, Belgio e Germania. Nel giro di pochi anni i quattro paesi europei hanno subito numerosi e sanguinosissimi attacchi da parte dei terroristi islamici. Coltelli, bombe, armi e autoveicoli lanciati contro la folla, sono i mezzi usati dagli estremisti per diffondere il terrore e uccidere quanti più innocenti possibili. Perché l’Italia non è stata teatro di tali atrocità? A tentare di dare una risposta a questa domanda è stato il quotidiano inglese The Guardian, forte del fatto che nell’ultimo attacco sul London Bridge vi era anche un cittadino italiano, Youssef Zaghba.

Il 22enne terrorista di origini marocchine, ma nato in Italia, era ben conosciuto dalle forze dell’ordine del nostro paese ed era tenuto sotto stretta sorveglianza. I giornalisti del Guardian accusano l’intelligence inglese di non aver tenuto conto delle informazioni fornite su di lui dai colleghi italiani.

Il capo della polizia italiana ha avvisato gli UK

Franco Gabrielli, il capo della polizia italiana, ha dichiarato di aver cercato di allertare Scotland Yard sulla pericolosità di Youssef Zaghba e da parte sua dice di “avere la coscienza pulita”. La risposta dell’intelligence inglese è stata piuttosto sibillina: “Zaghba non era soggetto di interesse né della polizia né del MI5”. Sta di fatto che il giovane italiano è stato autore, insieme ad altri due estremisti islamici, dell’attacco al London Bridge.

Diverso il trattamento riservatogli dagli agenti italiani; ogni volta che Youssef atterrava all’aeroporto di Bologna, “c’era sempre qualcuno che parlava con lui – ha dichiarato Valeria Collina, madre del terrorista, durante un'intervista al quotidiano inglese – mentre era in Italia i poliziotti venivano almeno due volte al giorno a controllare.

Erano amichevoli con Youssef, gli chiedevano come stava e che cosa stava facendo”. Tutti i vicini sapevano che il ragazzo, appena 22enne, era sotto stretta sorveglianza da parte delle forze dell’ordine. Ma, non avendo compiuto nessun atto contro la sicurezza dello Stato e dei cittadini, i poliziotti italiani dovevano limitarsi ai controlli di routine ed avvisare le forze dell’ordine dei Paesi stranieri dove il sospettato si recava.

L’Italia non subisce attacchi terroristici dagli anni ‘80

Il nostro paese, nelle ultime decadi, non è sicuramente stato esente da tremendi fatti di sangue; basti ricordare le stragi di Capaci e via D’Amelio. Ma, a differenza della Francia, dell’Inghilterra, del Belgio e della Germania non ha subito l’ingiuria di attacchi terroristici fin dagli anni ’80, quando sono stati stroncati i gruppi terroristici interni di destra e di sinistra estrema. È solo questione di fortuna? Oppure è vero, come taluni pensano, che l’addestramento forzato delle nostre forze di sicurezza, fortemente impegnate a contrastare sia la sanguinosa violenza politica degli anni ’70 sia la brutalità delle mafie, abbia dato una finezza e un’acutezza investigativa tale da riuscire a predire e sventare sul nascere i tentativi d’attacco dell’Isis?

O ci sono altri fattori in gioco? La professoressa dell’Università di Maastricht Francesca Galli ha detto: “Non avendo l’Italia una grande popolazione di immigranti di seconda generazione, questi non sono stati radicalizzati e non lo potrebbero essere nemmeno potenzialmente. È questa secondo me – ha spiegato la docente – la più grande differenza tra l’Italia e gli altri paesi europei colpiti dagli attacchi terroristici. Per controllare un sospettato a tempo pieno ci vogliono almeno 20 agenti – la Galli ha poi concluso affermando che – la polizia italiana e le forze anti-terrorismo non devono controllare uno smisurato numero di persone che sono potenzialmente sospettate di essere a rischio di radicalizzazione, diversamente dalla Francia, gli Uk e il Belgio”.

I numeri dell’anti-terrorismo italiano

Il ministro dell’Interno italiano ha affermato che in Italia, tra il marzo del 2016 e marzo del 2017, sono state fermate e interrogate 160.593 persone, tra cui 34mila negli aeroporti. Il ministero ha diffuso anche altri dati riguardanti il numero degli arresti effettuati durante quest’ultimo anno. Sarebbero circa 550 i sospettati di terrorismo finiti in manette e 38 sono in carcere con sentenza definitiva per il reato di terrorismo. Più di 500 siti internet sono stati oscurati e oltre mezzo milione sono tutt’ora sotto monitoraggio da parte delle forze dell’ordine. Secondo Giampiero Massolo, ex direttore dell’intelligence italiana: “Le lotte alla mafia e ai terrorismi rossi e neri, sono state una dura lezione per le forze di sicurezza e ci hanno insegnato tantissimo.

Ma i fattori in gioco sono diversi, tra cui un territorio formato da città prive di grossi ostacoli, come ad esempio le banlieue presenti in Francia, e il fatto che venga mantenuto un costante contatto tra le forze dell’ordine e l’intelligence”.