Palermo, via Mariano D'Amelio, 19 luglio 1992, ore 16.58: un rumore assordante avvolge la quiete della via siciliana, in una domenica d'estate. E' una strage. Una Fiat rubata, contente materiale esplosivo, telecomandato a distanza, ha preso fuoco e tutto intorno è divenuto cenere. Il magistrato Paolo Borsellino, noto per la lotta alla mafia, in quel giorno si era recato a trovare la madre, non sapendo che sarebbe stato quello il giorno della sua fine, pur sapendo che la fine gli era purtroppo vicina. In questa triste vicenda anche cinque membri della sua scorta persero la vita: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

L'unico superstite è l'agente Antonino Vullo.

Un giorno per non dimenticare

Oggi ricorrono 25 anni da quei fatidici eventi. E' il giorno della memoria, un giorno per non dimenticare. Una ferita sempre aperta nel cuore dell'Italia, difficilmente sanabile. Eppure c'è chi ha dimenticato o peggio ancora chi ha nascosto la verità accuratamente per ben 25 anni, depistando le indagini. Solo ipotesi, e pochi dati certi. Quel che sembra certo è che quando si è sul punto di arrivare alla verità delle cose, verità pericolose, verità da nascondere, si viene uccisi in circostanze tragiche o misteriose. Sono circolate voci di un presunto complotto che sembrerebbe vedere uniti lo Stato, quello per cui Borsellino aveva prestato giuramento di fedeltà, e la mafia.

Viene da chiedersi, da chi bisogna difendersi?

Il dolore della figlia Fiammetta

La figlia del giudice, Fiammetta Borsellino, all'epoca dei fatti aveva soli 19 anni, poco più che una ragazzina, oggi ne ha 44 di anni, una donna matura e provata dal peso di un dolore senza fine e dalla rabbia per come sono andate le cose successivamente.

In un'intervista rilasciata a Fabio Fazio, durante la diretta rai del 23 maggio di quest'anno, parla di verità nascoste nelle indagini condotte sulla strage che ha ucciso suo padre. In effetti, ad oggi la famiglia sembra sapere poco o nulla della dinamica di quei tristi eventi.

Sulle pagine del Corriere della sera possiamo leggere ulteriori parole di rimprovero e denuncia, non solo per la situazione di omertà che si è venuta a creare, ma anche per il senso di abbandono e solitudine provato dopo quei tragici eventi.

Fiammetta Borsellino sostiene anche di avere prove sul fatto che la verità sia stata occultata, che ha intenzione di presentare presso la Commissione Antimafia.

La collaborazione con Giovanni Falcone

Borsellino e Falcone erano, prima che colleghi, amici. La strage di via D'Amelio li ha uniti anche nella morte. Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani, furono assassinati in quella che è passata tristemente alla storia come la Strage di Capaci. Strage messa in atto da Cosa Nostra il 23 maggio del 1992 (57 giorni prima della strage in cui Borsellino perse la vita), nei pressi dello svincolo autostradale di Capaci ( Isola delle Femmine, Palermo).

I due hanno dato vita al maxiprocesso più importante della storia in quel lontano 1986. Un processo che prende le mosse dalle loro indagini. Un processo imponente per il numero dei condannati e delle accuse mosse. La Corte di Cassazione nel 1992 confermò le sentenze del maxiprocesso.

Le indagini sulla strage di via D'Amelio hanno portato dei risultati rilevanti, come più di venti ergastoli per mandanti ed esecutori. Tuttavia, non è abbastanza. Si può e si deve fare di più.