Ciò che tutti temevano sta per verificarsi. Nonostante le speranze diplomatiche delle ultime ore nulla può scuotere la presunzione di un leader che ha fatto della minaccia la sua scelta politica preferita. Dopo le minacce di attaccare Guam, pertanto, l'agenzia nordcoreana portavoce del pensiero del suo leader supremo, Kim Jong un, rincalza in modo più che provocatorio, definendo con precisione perfino 'la distanza e la durata del volo degli ordigni che colpiranno Guam entro il 15 agosto". Distanza che è stata calcolata dal regime in 3356,7 chilometri, per una durata 1065 secondi.

Pyongyang: "parole di Trump prive di senso"

Tutto ciò a fronte delle recenti parole dure espresse da Donald Trump, in un botta e risposta con il leader nordcoreano che spesso sfocia in una puerile dimostrazione di superiorità. L'uscita del presidente Usa, con cui avvertiva il dittatore nordcoreano che avrebbe fatto "fuoco e furia", è stata mal digerita da pyongyang, che ha subito rincalzato definendo l'intervento del Tycoon "privo di senso", affermando al contempo che i piani per un attacco a Guam sono stati minuziosamente studiati da Pyongyang, e che l'attacco (probabilmente dimostrativo per ora) sarà pronto per la prima metà di agosto. A quel punto si attenderà solo l'ordine di Kim Jong un, il quale deciderà quando lanciare o meno l'attacco.

Trump 'davanti a un bivio'?

A fronte di tali avvicendamenti, e dopo le ennesime minacce della Corea del Nord, il presidente Donald Trump si trova davanti ad un bivio inevitabile: intervenire senza indietreggiare di fronte al pericolo nordcoreano, dando una decisiva prova di forza anche se ciò comporterebbe la possibilità di utilizzare l'arma nucleare: azione che sfocierebba in un epilogo disastroso, con l'annientamento inevitabile del popolo nordcoreano.

In più -che se ne voglia o meno- per ora si parla solo di esercitazioni (sebbene siano finalizzato allo scontro), e tutto ciò potrebbe rappresentare un arma a doppio taglio per il presidente Trump in caso di intervento preventivo.

C'è poi la seconda possibilità -forse la più plausibile per ora- ovvero che Trump non faccia ancora nulla, anche se ciò significherebbe perdere la faccia e indietreggiare davanti al leader Kim Jong un; ma anche salvaguardare la popolazione della Corea del Sud, la quale finirebbe per diventare un terreno di scontro disastroso.

Infatti, nel caso dello scoppio del un conflitto, Seul pagherebbe per prima le spese di un duello all'ultimo sangue, subendo un ovvia ritorsione come alleata degli Usa.

Tokyo "pronti a colpire missili"

Pertanto, in vista del probabile attacco previsto entro il 15 agosto, si è fatta avanti Tokyo. Il Giappone, infatti, "è in grado intercettare e di abbattere i missili awasong della Corea del Nord", come ha dichiarato recentemente il ministro della Difesa Itsunori Onodera. La missione di Tokyo in questo giorni, infatti, sarà quella di vigilare affinché la situazione non degeneri, e questo affinché si eviti di mettere in rischio ulteriormente "la sicurezza della regione e della comunità internazionale".