Kim Jong-un non è un pazzo, sa benissimo quelle che potrebbero essere le conseguenze di una guerra e, pur mantenendo toni accesi nei confronti degli Stati Uniti, rinuncia all'azione dimostrativa nei confronti di Guam. Il piano nordcoreano, annunciato pochi giorni addietro dall'agenzia di stampa del regime, aveva i toni di un proclama più che altro indirizzato al suo adorante ed ammaestrato popolo. Il giovane dittatore aveva promesso un test missilistico i cui vettori sarebbero precipitati a pochi km dall'isola di Guam, di fatto territorio americano, violando anche lo spazio aereo del Giappone.

Un'azione sconsiderata che, almeno per il momento, non ci sarà. "Prima di attaccare, starò ad osservare ancora il folle e stupido comportamento degli americani", ha dichiarato Kim Jong-un.

Vertice con il comando militare

Kim aveva annunciato la sua azione per la metà di agosto e, in effetti, il giorno di Ferragosto ha presieduto un vertice con i capi di Stato Maggiore delle sue forze armate. Secondo quanto esposto dal solito comunicato dell'agenzia Kcna, il leader di Pyongyang ha esaminato il progetto-Guam ed ha deciso di rinviarlo, in attesa delle mosse americane. Ma tra le sue parole, riportate fedelmente dal suo organo di informazione, c'è probabilmente anche una richiesta di dialogo. "Per prevenire il conflitto nella penisola nordcoreana, è necessario che gli Stati Uniti facciano le scelte giuste.

Ci hanno provocati con l'invio a pochi km dal nostro territorio di attrezzatture strategiche nucleari". Potrebbe essere tradotto come un circospetto tentativo di dialogo, motivato dalla certezza di essersi spinto troppo oltre o, semplicemente, sospinto dalla necessità di riaprire le relazioni innanzitutto con la Cina che, assieme alla Russia, è attualmente in cabina di regia per una soluzione diplomatica che metta d'accordo entrambe le parti di questa 'guerra virtuale'.