Rimini. Dopo essere balzata al centro della cronaca, suo malgrado, per lo stupro di quattro persone di origine africana nei confronti di una turista polacca e di una transessuale peruviana, nella capitale della Riviera adriatica, del mare e del divertimento per i giovani nasce un altro caso destinato a far discutere parecchio. Non sono ancora iniziate le lezioni e già all’istituto tecnico Belluzzi-Da Vinci è stato emanato un regolamento nei confronti dei circa 1500 studenti che non l’hanno certamente apprezzato. Infatti, la scuola si permette non solo di consigliare, ma di imporre un certo tipo di abbigliamento ai ragazzi che entreranno in classe il 15 settembre per la prima campanella.
Sono vietati severamente, pena sanzioni lievi non meglio precisate, i jeans strappati, grande moda dell’estate, le magliette sfregiate, i pantaloncini corti e anche le ciabatte infradito che solamente due anni fa erano un “must” in tutti i locali “in” e nelle discoteche della Riviera dove, in questa stagione, può fare ancora molto caldo. Nemmeno si fosse in un severissimo college britannico.
Discussione aperta sul fatto che si possa imporre un abbigliamento agli studenti
Ma si può imporre un abbigliamento? E perché? Il proverbio “l’abito non fa il monaco” in tal caso ci sta a pennello. E poi stiamo parlando di una scuola superiore dove entrano pure maggiorenni. Sarebbe meglio punire che fa troppe assenze, chi esce ed entra in classe tante volte nella stessa mattinata senza valide motivazioni, chi chiacchiera o parla ad alta voce disturbando le lezioni o chi offende gli insegnanti e tutto il personale non docente.
Ecco una serie di provvedimenti giusti e utili a far crescere i giovani. Un altro discorso merita un’altra parte del regolamento che vieta la diffusione di immagini e conversazioni con dati personali altrui non autorizzate, tramite internet o scambi di sms tramite cellulari che dovrebbero essere sempre tenuti spenti in classe.
Un altro ammonimento condivisibile.
Non è il primo caso, è già accaduto in altre scuole
Rimini comunque non è il primo caso nel quale il preside e il consiglio di istituto si sono accaniti contro l’abbigliamento. L’uso di jeans vecchi e laceri, di canottiere, seppur in periodi di grande caldo, aveva già sollevato in altre scuole dell’Emilia Romagna e del Veneto la reazione contraria di dirigenti scolastici, insegnanti e di buona parte dei genitori presenti negli organi preposti a far funzionare al meglio un istituto di scuola superiore.