Proprio come l'altro Papa, quello "finto". Ricordate il personaggio del film di Nanni Moretti, "Habemus Papam", il novello pontefice colpito da attacchi di panico e crisi depressive? Il Santo Padre "cinematografico", una volta eletto, va in analisi perché trema solo all'idea del ruolo ecumenico e dei nuovi obblighi che dovrà sostenere. Il vero pontefice, Francesco, invece ha fatto un "outing" (come si usa dire oggi) veramente rivoluzionario: ha rivelato d'essere stato in cura da una psicoanalista, proprio come il suo omologo del grande schermo.

Ma Bergoglio in "treatment" c'è stato molti anni prima d'essere eletto al soglio pontificio. Si tratta di un'esperienza finora rimasta nascosta, una confessione a cuore aperto che Papa Francesco ha fatto in occasione della stesura di un libro-intervista di straordinario valore, visto e considerato che la Chiesa, per lungo tempo, ha diffidato della psicoanalisi e del suo fondatore, Sigmund Freud.

In terapia per sei mesi

Le eccezionali rivelazioni sono state fatte dal "papa-uomo" al sociologo francese Dominique Wolton durante una serie di dialoghi che andranno a comporre il nuovo libro dal titolo "Politique et société", di cui sono apparse delle anticipazioni su "Le Figaro Magazine". Quando aveva 42 anni, in un'Argentina sotto dittatura, padre Bergoglio aveva terminato la sua esperienza come provinciale dei gesuiti argentini, ed era diventato da poco rettore del Collegio Maximo, e proprio in quel periodo attraversò una fase di crisi personale.

L'attuale pontefice, sempre propenso a manifestare la sua umanità a discapito del ruolo che ricopre, non si è soffermato a spiegare che tipo di malessere, o eventualmente, complesso avesse, né che terapia abbia seguito. Tuttavia ha raccontato che l'incontro con una psicoanalista ebrea è stato fondamentale per superare le sue problematiche, probabilmente legate al difficile e autorevole ruolo di massimo esponente della Compagnia.

I sei mesi di setting - un giorno alla settimana - basati probabilmente su libere associazioni, ricordi d'infanzia, rievocazioni di sogni, hanno rappresentato per Papa Francesco una sorta di "mano santa", di benedizione, perché lo risanarono.

Tra Dio e Freud una psicoanalista ebrea

Della psicoterapeuta ebrea, il Santo Padre ha detto che è stata una professionista molto valida, che gli ha dato un aiuto fondamentale, pur rimanendo "sempre al suo posto".

Provando ad interpretare quest'affermazione di Bergoglio, forse ha voluto dire che la terapista non è mai andata oltre i confini posti dalla Chiesa alla psicoanalisi. Di questa figura molto importante della sua vita - che sembra anche lei uscita fuori da un film, ma di Woody Allen - il papa ricorda anche il loro ultimo incontro, avvenuto quando la donna stava per morire. In quell'occasione la dottoressa non convocò l'attuale pontefice per prendere i sacramenti - non essendo di fede cristiana - ma per avere un dialogo spirituale. Chissà se il medico, come lo psicoanalista del film di Moretti fa con il papa finto, ha mai chiesto al Santo Padre: "Ma lei ha problemi con la fede?".

Chiesa e psicoanalisi

Questa rivelazione di Papa Bergoglio risulta per certi versi incredibile, perché la Chiesa ha osteggiato la psicoanalisi fin dagli anni '50, quando era considerata un peccato mortale. Ancora nel 1961, il Sant'Uffizio proibiva ai preti di praticare la psicoanalisi e ai seminaristi di sottoporvisi. Una prima apertura ci fu con Paolo VI, il quale riconobbe ai sacerdoti la possibilità di usufruire di un supporto psicologico, fino ad arrivare a Wojtyla che citò Freud in un'enciclica. Papa Francesco, oggi, suggerisce il ricorso alla psicoanalisi, ma bisogna ricordare che lui proviene dall'Argentina, un paese dove da decenni questa disciplina è una pratica popolare: addirittura a Buenos Aires c'è un quartiere che si chiama "villa Freud", per la presenza di molti analisti.

Libero e senza complessi

Nel libro-intervista, riferendosi alla sua attuale condizione spirituale, Papa Francesco dice di sentirsi libero, pur essendo nella "gabbia del Vaticano". E non ha paura di niente, eccetto dei preti rigidi, specie se giovani, una forma di fondamentalismo da malati che, in qualche modo, la Chiesa dovrà provare a curare, e chissà che ciò non avvenga proprio con l'aiuto della psicoanalisi.