"Temo di aver commesso un omicidio". La mattina del 1 agosto scorso, Francesco Mazzega si è presentato alla polizia stradale di Palmanova (Udine). Ciò che "temeva" di lì a poco si è rivelato essere un'atroce realtà. Nella sua auto c'era il cadavere della sua fidanzata, la 21 enne Nadia Orlando, strangolata la sera prima. Mazzega aveva vagato con la povera ragazza uccisa in auto tutta la notte prima di decidere di andare a costituirsi, Ora, dopo 57 giorni dal brutale assassinio, il reo confesso, arrestato per omicidio volontario e con l'aggravante dei futili motivi, su decisione del tribunale del riesame di Trieste è ai domiciliari con il braccialetto elettronico, non nell'appartamento di Spilimbergo, in provincia di Pordenone, dove risedeva da solo, ma a Muzzana del Turgnano, in provincia di Udine, a casa dei suoi genitori.

La decisione ha scatenato indignazione e proteste dei familiari come della comunità di Vidulis di Dignano, il paese dove Nadia viveva con i genitori.

Socialmente pericoloso ma va ai domiciliari

Alle 10 di martedì è uscito dal carcere di Pordenone. Meno di 2 mesi fa, Francesco Mazzega ha strangolato sul greto del fiume Tagliamento la giovane fidanzata Nadia Orlando, 21 anni, perché lei voleva troncare la relazione. Quell'uomo più grande che aveva conosciuto nell'azienda dove entrambi lavoravano, era geloso e possessivo. Mazzega era in carcere dal 10 agosto, prima a Udine, poi dopo le proteste dei detenuti, a Pordenone. Nei giorni precedenti, era stato ricoverato nel reparto di diagnosi e cura dell’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine.

I domiciliari gli sono stati concessi già a fine agosto, ma in attesa che fosse disponibile un braccialetto elettronico era stata ritardata l'esecuzione del provvedimento. Ieri è stato reperito il braccialetto che si indossa alla caviglia, misura ritenuta dal giudice sufficiente perché non ci sarebbe possibilità di fuga, reiterazione del reato e occultamento delle prove da parte di Mazzega.

Permetterà di controllarlo a distanza, 24 ore su 24, fino al giorno del processo. Mazzega è stato accompagnato a casa dei genitori dove resterà in attesa di giudizio. Alla base della decisione del tribunale del riesame che ha accolto la richiesta dei legali dell'omicida, ci sarebbe una grave situazione psicofisica di Mazzega, comportamenti autolesionistici manifestati in carcere.

La decisione però è stata presa contro il parere del pm, ed ha addolorato la famiglia di Nadia e di tutta la comunità.

Rabbia e proteste dei detenuti e della comunità

Il provvedimento del tribunale del riesame di Trieste ha suscitato un'ondata di reazioni di sdegno. Rabbia e proteste da parte di altri detenuti che hanno protestato contro la scarcerazione di Francesco. Poi una petizione, una raccolta di firme da parte dei concittadini della vittima. La famiglia, contrita dal dolore, si è chiusa nel più stretto riserbo, ma ha fatto sapere tramite i legali che l'assassino pur mostrandosi "provato" non ha mai finora manifestato un reale pentimento. Per il papà di Nadia il provvedimento è "un pugno nello stomaco".

Appello al presidente della Repubblica

"Giustizia per Nadia uccisa dall'uomo che diceva di amarla". Il sindaco di Dignano, Riccardo Zuccolo, già ad inizio settembre, si è appellato al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in una lettera rivolta anche ai presidenti di Camera e Senato, al Csm e al ministro di Giustizia, Orlando perché si rimetta subito mano alla disciplina delle misure cautelari rendendo obbligatoria l'adozione della custodia cautelare in carcere per i reati gravi contro la persona e in particolare nei reati contro le donne.