Litiga con il figlio e devono intervenire i carabinieri per far placare gli animi e riportare la calma. Un litigio così violento, però, che ha avuto strascichi giudiziari e conseguenze personali molto pesanti. L’uomo, di professione guardia giurata, infatti, si è ritrovato senza porto d’armi e con le pistole ritirate dai militari dell’Arma a seguito di un procedimento giudiziario e su disposizione della Prefettura. Decisione che è stata confermata anche dal Tribunale amministrativo dell’Umbria dopo che l’uomo aveva cercato di riprendersi permesso e pistole.

Il litigio e la revoca del porto d’armi

La Prefettura di Perugia aveva rilasciato il porto d’armi all’uomo nel maggio del 2011, ma a settembre del 2014 aveva fatto divieto al ricorrente di detenere #pistole e cartucce e aveva revocato la licenza di porto d’armi per difesa personale concesso in qualità della professione di guardia particolare giurata. La motivazione risiedeva in una informativa dei carabinieri intervenuti per sedare un litigio che l’uomo aveva avuto con il figlio. Litigio che aveva portato ad un procedimento penale, conclusosi con l’archiviazione.

L’incidente in fase di sequestro

La Prefettura non aveva atteso, però, il concludersi del procedimento e aveva revocato il permesso.

Così i carabinieri erano andati a sequestrare le armi denunciate dall’uomo e detenute in casa. In quell’occasione l’uomo aveva peggiorato la situazione. Secondo i carabinieri, infatti, mentre i militari stavano procedendo al ritiro delle armi in possesso della guardia giurata, questi afferrava un revolver lasciato nel cassetto di un comodino in camera da letto, armava il cane, se lo puntava alla bocca e minacciava di far fuoco.

Armi anche a chi ha disturbi mentali.

Il ricorso al Tribunale amministrativo, contro la revoca del porto d’armi e il sequestro delle pistole, dopo questo gesto era di fatto inutile. Secondo i giudici del collegio amministrativo il comportamento dell’uomo manifestava chiaramente una insufficiente capacità di dominio delle emozioni e degli impulsi ed emozioni, confermando quanto già deciso dalla Prefettura.

Tragico gesto.

All'uomo non è rimasto che incassare il rigetto della sua istanza al Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria e pagare le spese processuali. Resta aperto il ricorso al Consiglio di Stato per ottenere la revoca del provvedimento prefettizio.