Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione promette di far discutere o quantomeno di far ammorbidire il comportamento di molti vigili urbani. Infatti, con la sentenza n°46788 dell' 11 ottobre 2017 il Supremo Collegio ha stabilito, in sintesi, che non ci sarebbe omissioni di atti d'ufficio abuso nella condotta del poliziotto che, volutamente, omette di elevare una multa all'automobilista resosi colpevole di aver violato il Codice della Strada.

I precedenti storici della sentenza

In effetti, la recente sentenza prende le mosse da un orientamento già espresso in precedenti sentenze del Giudice di legittimità.

Infatti, già nel 2012 la Corte aveva statuito che non costituisce reato di omissione di atti d'ufficio evitare di multare una o più auto, ad esempio, per divieto di sosta. La ragione di tale orientamento risiede nel fatto che il codice penale sanziona espressamente ed esclusivamente il rifiuto del pubblico ufficiale di porre in essere atti che per ragioni di pubblica sicurezza, igiene o di altro genere devono essere compiuti immediatamente.

Le contravvenzioni, non essendo atti di questo genere, non rivestono quel carattere di urgenza che impone di elevarle immediatamente. In linea teorica potrebbero essere comminate al contravventore anche in un momento successivo.

Le motivazioni dell'attuale pronuncia

Nella sentenza 46788 dell'11 ottobre, comunque, il Supremo Collegio ha ampliato la portata del suesposto principio giuridico statuendo che i rappresentanti della legge che fermano un veicolo e rilevano l'esistenza di una infrazione, ma omettono di elevare la sanzione amministrativa non commettono il reato di abuso d'ufficio.

E questo anche se si trovano davanti ad una violazione particolarmente grave come la circolazione del mezzo senza la necessaria copertura assicurativa. Per tutelare l'interesse pubblico alla sicurezza stradale è sufficiente che i vigili impediscano la circolazione del mezzo non assicurato.

Secondo l'ordinamento giuridico, infatti, alla base dell'abuso d'ufficio ci deve essere la volontà di procurare ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o un danno ingiusto.

E, secondo il Supremo Collegio, tali presupposti non sarebbero presenti nel comportamento del vigile che omette di multare l'automobilista non assicurato.

Inoltre, altro aspetto che dovrebbe rilevare da elementi certi e incontrovertibili sarebbe l'intenzionalità del tutore dell'ordine di favorire l'automobilista in infrazione. Ma questa non è, a parere del Giudice di legittimità, rilevabile semplicemente dall'omessa sanzione. Dovrebbero essere provati, secondo la Corte, l'esistenza di precedenti rapporti personali tra il vigile e l'automobilista o, ancora, la specifica competenza dell'agente.