La Corte di Cassazione, con una recentissima sentenza, precisamente la n° 46443/2017 del 10 ottobre, ha affrontato il tema delle truffe alle pay-tv, questione caldissima in periodo di campionato di calcio, Champions League e, in prospettiva, di campionato del mondo di Russia 2018.
In sintesi, il Supremo Collegio ha affermato che guardare Sky o Mediaset Premium senza versare il relativo abbonamento significa commettere un reato penale e, di conseguenza, incorrere, come minimo, in multe salatissime, rischiando anche di finire in carcere.
È illegale vedere la pay-tv senza pagare
In effetti, vedere Sky o Mediaset Premium senza pagare il relativo canone di abbonamento è possibile e, in alcuni casi, anche abbastanza semplice da attuare. Ad ogni modo, per farlo è necessario violare i codici criptati presenti sulla smart card originale. Esiste anche un mercato nero delle tessere di abbonamento "violate" che prevede costi inferiori rispetto al canone richiesto da entrambe le aziende. Questi metodi sono tutti totalmente illegali. Vediamo ora, nel dettaglio, cosa ha statuito la Corte di Cassazione.
Le motivazioni del Supremo Collegio
Da sempre, le società come Sky o Mediaset Premium - così come i produttori cinematografici - hanno ingaggiato una dura lotta a qualsiasi forma di pirateria.
Il giorno 10 ottobre, la Cassazione ha chiarito ulteriormente la questione, affermando che commette un reato - passibile di carcere e multa salata - non solo chi viola i codici della smart card a fini di lucro. Pensiamo, ad esempio, ai bar o ristoranti che permettono ai clienti di seguire le partite di calcio tutte le sere, facendo versare delle quote individuali.
Lo stesso reato si abbatte anche su chi viola le smart card per uso personale o domestico. Molto spesso, infatti, queste schede vengono taroccate per vedere comodamente da casa le partite e i film senza pagare un ulteriore abbonamento. Allo stesso modo, è illecito anche il cosiddetto fenomeno del card-sharing, ovvero la condivisione di una stessa smart card fra più persone che si dividono la quota unica di abbonamento.
Queste pratiche violano il diritto d'autore, e la pena prevista per questo genere di reato non è assolutamente leggera. Infatti chi dovesse essere giudicato per questo tipo di violazioni rischierebbe una multa a partire da 2.600 euro circa fino a 26 mila euro, e la reclusione da un minimo di 6 mesi a 3 anni.