Sei anni e sei mesi di carcere, oltre all'interdizione dai pubblici uffici ed una provvisionale pari a 21.700 euro per la vittima, all'epoca dei fatti ventenne. Questa la sentenza del secondo Collegio del Tribunale di Modena ai danni di un carabiniere, nel 2012 in servizio a Vignola e fino a ieri in servizio a Torino in qualità di maresciallo. Confermata l'accusa iniziale di violenza ai danni di una ragazza di 20 anni all'interno del bagno di una discoteca, dopo averla condotta qui con una scusa. Luca Sarti, questo il nome del carabiniere condannato in primo grado, si era difeso sostenendo come il rapporto fosse consenziente.
I giudici non gli hanno creduto.
Condanna più alta rispetto alle richieste dell'accusa
Il Tribunale ha comminato sei mesi in più rispetto ai sei anni in precedenza richiesti dal pubblico ministero Marco Niccolini. Non solo il carcere per il maresciallo dei Carabinieri, che da oggi risulta essere interdetto da tutti i pubblici uffici, condanna che lo estromette di fatto dal suo lavoro. Inoltre, dovrà risarcire la vittima con una provvisionale di importo di poco inferiore ai 22 mila euro, oltre che una provvisionale anche per l'Udi (Unione Donne d'Italia), un'associazione femminista che per tutto il corso del processo è stata al fianco della giovane.
I fatti risalgono al 2012. La difesa ha sempre chiesto l'assoluzione per il proprio assistito, con i giudici però che hanno deciso diversamente.
Entro tre mesi si conosceranno le motivazioni che hanno spinto il Tribunale a propendere per la condanna di primo grado ed i legali del carabiniere Sarti eventualmente potranno ricorrere ai gradi di giudizio di secondo grado, ovvero l'appello. Il referto medico, come evidenzia la Gazzetta di Modena, parla di lesioni genitali e segni vistosi al collo, dettagli che hanno contribuito a sgretolare la tesi secondo cui la ragazza fosse consenziente.
In aula erano presenti ieri sia la vittima che la madre. La prima, poco prima della lettura della condanna, ha deciso di allontanarsi. Ad ascoltare la decisione dei giudici è stata la madre della ventenne. Quest'ultima si è detta contenta della sentenza, sottolineando come anche la figlia lo fosse, non entrando nei meriti della durata della pena inflitta in primo grado al carabiniere.
"In questa sentenza ci riconosciamo" ha aggiunto la signora Piretti, legale e dirigente dell'associazione Unione Donne d'Italia, che ha ribadito come l'importante non fosse la quantità della pena ma il riconoscimento di una sentenza fondata.