Multa e carcere sono le pene previste per coloro che utilizzano in maniera fraudolenta i codici di abbonamento a tv a pagamento come Sky. In particolare il sistema card sharing, con il quale si acquistano i codici per poter vedere i programmi criptati delle tv a pagamento per rivenderli a terzi soggetti a prezzi inferiori a quelli previsti dal regolare canone, è un fenomeno molto diffuso e che identifica colui che ne fa uso come un autentico pusher di tv a pagamento.

Il reato di card sharing era stato eliminato nel 2000 per poi essere introdotto nuovamente nel 2003 con rilevanza penale grazie a un decreto legislativo, in considerazione dell’aumento del fenomeno.

Palermitano di 52 anni il primo condannato

Il primo caso di reato di card sharing sanzionato dalla Cassazione riguarda un palermitano di 52 anni che avrebbe installato un impianto decoder, collegandolo alla rete domestica e all’impianto satellitare ma senza regolare smart card. In questo modo il palermitano avrebbe reso visibili i canali di Sky Italia in maniera fraudolenta e senza l’onere di pagare il regolare canone previsto.

Condannato in Corte di Appello di Palermo ad aprile 2016, il palermitano, già definito il furbetto del telecomando, è stato poi dichiarato colpevole dalla Terza Sezione Penale, sentenza 46443, che ha deciso la pena di quattro mesi di reclusione, duemila euro di multa e ulteriori duemila euro da versare alla Cassa delle ammende.

A nulla sono valse le dichiarazioni del palermitano a sua difesa che avrebbe sostenuto di aver acquistato i codici di decodifica per vedere i programmi Sky direttamente dal web, giustificazione addotta per spiegare la mancanza, in casa, della regolare smart card.

Violazione della legge sul diritto di autore

La Suprema Corte ha reso noto che il tipo di reato di card sharing si configura come violazione della legge sul diritto di autore del 1941 - art.171 octies 1633/1941, intendendo quest’ultima come decodificazione illegale per uso privato dei codici Sky, normalmente protetti affinché ne venga impedito l’utilizzo fraudolento e il conseguente mancato versamento del regolare canone.

D’ora in poi tutti coloro che usufruiranno della pay tv senza essere in possesso della smart card e del relativo abbonamento a pagamento, saranno passibili di severa condanna.

Il presidente dello Sportello dei Diritti Giovanni D’Agata ha definito la sentenza come esemplare, precisando che sicuramente la stessa rappresenta un precedente cui si farà riferimento in futuro nei confronti di coloro che commetteranno analogo reato. Inoltre, sottolinea D’Agata, è bene ricordare che il reato va a macchiare la fedina penale, nonostante la frode non venga avvertita come offensiva o tale da rientrare nelle condanne penali.