“Non avevo soldi, non potevo mantenerle e sono stato costretto ad ucciderle perché non vendevo il latte che producevano”. Queste le parole proferite dall’allevatore 62ennne di Ploaghe che poco più di una settimana fa, ha compiuto una mattanza nel suo terreno nel colle di Santa Giusta, nelle campagne di Ploaghe, uccidendo barbaramente 135 pecore e anche i suoi quattro cani da pastore (uno si è salvato). L’allevatore come ha visto i sanitari del Centro di Salute Mentale di Sassari e gli Agenti della polizia municipale ha capito tutto e non ha opposto resistenza.
Anzi ha quasi ringraziato gli addetti ai lavori, consegnando loro il coltello della brutale mattanza. L’uomo – dopo tutti gli accertamenti di rito – è stato accompagnato nel reparto di Psichiatria dell’Ospedale Civile di Sassari, dove sarà tenuto sotto osservazione dai medici del nosocomio sassarese.
La folle disperazione
Il gesto compiuto dall’allevatore di Ploaghe ha scatenato l’ira di animalisti e non solo che hanno gridato giustizia. Anche se l’uomo – quando gli agenti della Forestale hanno scoperto la mattanza – ha candidamente ammesso di non avere più soldi per mantenere il suo bestiame. “Non riuscivo più a vendere il latte che producevo – ha confessato l’allevatore agli inquirenti – per non vedere morire di stenti le mie pecore le ho preferite uccidere insieme ai cani”.
Parole che hanno fatto rabbrividire le Forze dell’Ordine considerando il fatto che le 135 pecore e i 4 cani sono stati sgozzati senza pietà, dopo essere stati condotti dall’uomo in una zona impervia del suo terreno, in località Pala ‘e Chercu”.
La giustificazione?
“Avevo anche pensato di vendere il terreno”, confessa l’allevatore.
“Ma non ho mai trovato nessuno che fosse interessato. In più la cooperativa non mi comprava più il latte perché aveva troppi batteri e allora mi sono sentito finito”. Da qui l’estrema e crudele decisione di uccidere tutti i suoi animali.
La vicenda dell’allevatore di Ploaghe ha suscitato la reazione di tantissime associazioni animaliste che hanno promesso di andare avanti e - nel caso ci sia un processo – hanno assicurato che si schiereranno parte civile, per chiedere un risarcimento danni.
“Se il latte delle pecore che allevava non era più buono – tuona Gian Marco Prampolini, presidente della Lega Antivivizionista – la colpa non è degli animali. Abbiamo parlato con i veterinari e l’alto contenuto microbico del latte è direttamente legato al menefreghismo e alla negligenza dell’allevatore nel gestire le sue pecore senza seguire nessuna norma igienica per la produzione. Abbiamo scoperto che rifiutava le visite dei veterinari della Asl”. Per questo motivo il suo gregge – non essendo stato censito – potrebbe essere ancora più numeroso.