GIacca blu, camicia bianca, la stessa cura dell'immagine di quando compariva nei salotti televisivi, l'aria di sfida già esibita nelle aule giudiziarie, Matteo Cagnoni, 53 anni, "dermatologo dei vip", ieri non è riuscito ad avere la compostezza che di solito vorrebbe ostentare. La terza udienza del processo a Ravenna in cui è imputato con l'accusa di aver ucciso il 16 settembre 2016 con almeno 10 bastonate in testa sua moglie, Giulia Ballestri, 39 anni, madre dei suoi tre figli, perché non accettava l'intenzione della donna di divorziare, è stata contraddistinta da due testimonianze importanti.

Quella di Guido Ballestri, fratello della vittima, e l'altra dell'amica del cuore, la farmacista Elisabetta Amicizia. Dalle deposizioni fiume, durate tre ore ciascuna, è emerso il ritratto di un marito padrone e ossessivo di cui Giulia aveva paura. "Se domani non mi sentite, fatemi cercare", aveva scritto in uno degli ultimi sms.

Testimoni chiave

Il fratello, che da un anno è il tutore dei 3 nipoti, ha raccontato i tragici fatti: la scomparsa di Giulia, la denuncia in Questura e il ritrovamento del cadavere, nella legnaia di una villa familiare abbandonata di Ravenna, reso irriconoscibile dai colpi ricevuti, al punto che gli inquirenti non gliel'hanno mostrato. Poi i drammatici momenti in cui ha dovuto raccontare ai genitori l'accaduto e il padre che subito ha detto: "Me l'ha ammazzata".

Giulia non sopportava più quel marito “ossessivo, opprimente, accentratore”, hanno riferito i due testi. In più l'amica del cuore ha aggiunto che lui le faceva prendere psicofarmaci, antidepressivi, constringendola a rapporti sessuali e ad andare da un terapeuta solo perché lei voleva separarsi. Si era resa conto che suo marito l'aveva manipolata in tutto: dalla scelta delle amicizie, alle abitudini quotidiane.

La crisi della coppia, dopo 12 anni di matrimonio, si era acuita da un paio d'anni. Giulia voleva vivere la nuova relazione che aveva da un anno con Stefano Brizzi in libertà. Cagnoni, dopo averla scoperta facendola pedinare, aveva fatto clonare il cellulare e messo una cimice nell'auto.

Tensione dell'imputato

Malgrado l'apparente self control, Cagnoni, ammesso a seguire il processo accanto al difensore, non è riuscito a dissimulare un evidente nervosismo a causa del quale è stato richiamato dal presidente della Corte d’assise, Corrado Schiaretti, che stava per mandarlo fuori dall'aula: a più riprese ha cercato di contestare le dichiarazioni dei testimoni.

All'inizio dell'udienza sembrava tranquillo, ascoltava e prendeva appunti su una cartella rossa da cui è inseparabile e su cui annota tutto. L'uomo che finora si è sempre mostrato piuttosto sostenuto, sia per il comportamento in aula che per la scelta processuale di non chiedere il rito abbreviato, segno che pensa di dimostrare la sua innocenza a fronte di indizi schiaccianti, ieri ha avuto evidenti cedimenti nervosi.

La 'casa della morte'

Per una macabra coincidenza, o forse no, la villetta familiare disabitata a Ravenna nel cui scantinato nel settembre 2016 Giulia è stata trovata martoriata, veniva chiamata in famiglia con appellativi sinistri: "casa della morte" o "degli spiriti". Matteo Cagnoni, da una parte sognava di andarci a vivere, dall'altra ne aveva paura perché la riteneva infestata da presenze, al punto che da solo non aveva mai avuto il coraggio di rimanerci.

In quella casa, Cagnoni ha dato l'ultimo appuntamento a Giulia con il pretesto di dover fotografare un quadro di famiglia da vendere di cui, in fase di separazione, avrebbero diviso il ricavato. Giulia aveva paura, non si fidava, ma c'è andata.