Una donna 30enne di Asti è stata sequestrata e violentata da due tunisini per 24 ore. La notizia arriva nel pomeriggio del 12 dicembre, si presume che la donna abbia un passato da tossicodipendente, e che i due aguzzini siano stati frequentati in passato dalla donna. La dinamica si è svolta in uno scantinato, con la donna legata ad una brandina mediante un cavo di un telefono, dove è stata picchiata e violentata dai due uomini di origini tunisine. La donna, in un momento di libertà, è riuscita a scrivere un messaggio su Whatsapp ad un'amica che, riuscendo a rintracciare la squadra mobile, è riuscita a liberare la donna dall'incubo a cui è stata sottoposta.

Si parla, dunque, di sequestro di persona, violenza sessuale e lesioni nei confronti della donna ad opera dei due tunisini, quali pregiudicati con precedenti per spaccio di droga. Ad essere indagato in concorso è un terzo tunisino, che si presume abbia collaborato al sequestro. Ad essere stati arrestati, al momento, soltanto i due tunisini.

Cosa porta lo stupratore ad agire? Il funzionamento psichico del violentatore

Un fenomeno così diffuso come quello della violenza sessuale, al giorno d'oggi, merita di essere analizzato specificatamente, studiandone dinamiche e variabili. L'ISTAT afferma che, quotidianamente, 7 donne vengono stuprate. Questo dato, però, riporta soltanto i casi denunciati, ma a denunciare è soltanto l'8% delle vittime, il restante 92% non ha il coraggio di farlo.

L'assuefazione prodotta dalla cronaca giornaliera, porta ad elaborare solo superficialmente il caso della violenza sessuale. Si sentono, spesso, attraverso i media casi di stupro, sequestro e violenza che vengono affrontati come un qualcosa che sia orrido, ma sempre distante. Difficile è, dunque, comprendere l'aspetto psichico che influisce nell'attuazione di tali comportamenti violenti, in quanto lo sfondo grottesco e surreale di cui si dipingono, porta a non chiedersi mai quale sia il movente che spinge un soggetto ad agire secondo tali comportamenti.

Una delle conclusioni primarie di senso comune è, di certo, la patologia psichica, che offre una relativa sicurezza all'essere umano comune, allontanando la minaccia di uno stupro di cui possa essere soggetto. Non sempre, tuttavia, il relativo funzionamento psichico di una persona è fattore primario della devianza, quale stupro e violenza, e le cause possono essere rintracciate in altri fattori.

Ma che cosa, allora, spinge lo stupratore, come nel caso dei tunisini qui riportato, ad attuare comportamenti violenti e devianti? Il campo di studi della Psicologia, analizzando le dinamiche intra-psichiche e inter-personali, non ha potuto fare a meno di sistematizzare il caso psichico dello stupro, determinando caratteristiche psicologiche di uno stupratore. Molte sono le teorie avanzate dagli studiosi a tal proposito, e si espandono dalla patologia mentale dello stupratore, al forte odio provato verso le donne, e al piacere intrinseco del piacere sessuale provato nell'attuazione della resistenza e nella sofferenza della vittima.

Generalmente, le motivazione psicologiche per cui lo stupratore agisce possono essere riassunte dai moventi che partono da: rabbia, lo stupratore agisce per rabbia repressa scaturita anche da altre persone diverse dalla vittima, che riesce a liberare attraverso di essa, dunque è un processo non legato al piacere sessuale; dominazione, lo stupratore, vedendosi impotente, sottomette la vittima dominandola, caso in cui lo stupro è premeditato; sadismo, che include rabbia e dominazione, attraverso cui il piacere sessuale viene espresso attraverso atti violenti; per opportunità, lo stupratore si trova in un contesto fertile per adoperare violenza, qui la violenza è solo secondaria ad un primo fine già prefissato.

Ad analizzare più specificatamente lo stupro da una prospettiva psicologica, sono due studiosi - Vickers e Kitcher - i quali sostengono che lo stupro sia un atto di coercizione, in quanto l'uomo raggiunge livelli di eccitazione tali da non poter fermare l'impulso fisiologico che si muove all'interno di lui, quindi, sottomettendo la vittima.

Gli studiosi della teoria psicoanalitica, tuttavia, sostengono che lo stupro non coinvolga come primo fine la sessualità, ma che sia soltanto un atto mediante cui sia possibile liberare ostilità, controllo, rabbia. La vittima, dunque, diventa per lo stupratore il contenitore in cui depositare il vissuto emotivo negativo, quasi con l'intento inconscio di poter eliminare la sofferenza psichica che l'opprime.

Dunque, secondo la teoria psicoanalitica, ci troviamo di fronte a dei soggetti con un disturbo di personalità narcisistico e sado-masochista, i quali sono spinti dal bisogno di controllare e imporre la propria forza, per colmare il vuoto che ha creato la ferita narcisistica e lo sfondo depressivo su cui poggia l'intera sofferenza a cui lo stupratore è sottoposto psichicamente. Un paradigma diverso proposto dalla psicologia sociale, è quello degli studiosi Bondurant e Donat, che suppongono che la violenza sessuale nasca da un errore di tipo comunicativo tra vittima e stupratore. La differenza tra le varie visioni degli studiosi ha prodotto un modello integrativo, predefinendo i fattori che influiscono nella psicologia dello stupratore.

Tali fattori sono indicativi e precursori del comportamento violento, quali: l'attivazione fisiologica, la cognizione, l'assenza del controllo emotivo-affettivo e i disturbi della personalità.

Ripercussioni psicologiche dello stupro nella psiche vittima

Generalizzando, e assumendo che la soggettività di ogni essere umano tenda alla percezione della realtà delle cose sempre in maniera differente da persona a persona, è possibile affermare dei parametri canone che gli effetti dello stupro implicano nelle vittime. Le ripercussioni più comuni dello stupro sulle vittime sono depressione, disturbi psico-somatici, disturbo post-traumatico da stress e, disturbo dello spettro d'ansia e, in alcuni casi, si raggiunge anche il pensiero del suicidio.

Le ferite psicologiche instauratesi con l'aggressione sessuale, permangono a lungo all'interno della vittima. Burgess e Holstrom, affrontando i disturbi presentati dalle vittime di stupro nei loro studi, hanno delineato la "Sindrome da trauma di stupro", la sindrome della vittima dello stupro che presenta nella sua esperienza disturbi psicologici, somatici e comportamentali.

Analizzando da un punto di vista emotivo la psicologia della vittima, è possibile cogliere la mancata comprensione del significato dell'esperienza provata durante lo stupro, in quanto surreale, in quanto inaspettata ma, soprattutto, perché è impossibile dotarla di un significato che è mancante all'interno del repertorio della conoscenza umana.

Dunque, il senso di vuoto provato dalla vittima ha bisogno di essere colmato, dotato di un significato, in maniera tale da poter superare l'esperienza traumatica senza alcuna ripercussione nella salute psico-fisica. Accade spesso, però, che questo vuoto cerchi di essere superato rimuovendolo dalla coscienza, provando a simulare la sua inesistenza all'interno del proprio vissuto. Perché, non tutte le vittime, come nel caso della donna abusata dai due tunisini, hanno il coraggio di denunciare lo stupro, di parlarne. Nella maggior parte delle occasioni - come ricorda il dato ISTAT -, infatti, le vittime non denunciano la violenza subita a causa dalla vergogna e dal senso di colpa scaturito dall'aggressione, a causa del forte emotività e dallo stress che produce l'esperienza dell'abuso, esperienza di cui si sentono colpevoli. Questi sentimenti, dunque, portano al silenzio, al diniego e alla rimozione del pensiero dello stupro, che causa un danno alla salute psico-fisica della vittima.