Psicologia

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La psicologia come scienza nasce nella seconda metà dell’800 in Europa, quando dallo studio del corpo come insieme di organi divisi dalla mente si passa alla concezione opposta: mente e corpo sono interconnessi e si influenzano a vicenda.

Con l’evolversi delle teorie, degli studi e degli approcci, si passa dunque a studiare i sintomi, con particolare attenzione alle sensazioni, alle emozioni e alle relazioni dell’individuo, influenzate dal contesto e dagli eventi significativi della sua esistenza.

Il merito di aver fondato la psicologia come disciplina scientifica va a Wilhelm Wundt, a inizio Novecento. La prima svolta significativa è stata l’arrivo della psicanalisi, che rivoluziona il panorama della psicologia. Il padre fondatore Sigmund Freud ribalta ogni prospettiva introducendo l’inconscio, la parte di sé inconsapevole che regola il funzionamento psichico. Contrapposta alla psicanalisi è la corrente del comportamentismo, fondata da John Watson nel 1913 negli Stati Uniti.

Dagli anni Sessanta inizia a farsi largo il cognitivismo, uno degli approcci più diffusi anche oggi in psicologia. Nell'ultimo decennio si sono moltiplicati i modelli terapeutici, spesso intrecciati con l’evoluzione delle neuroscienze. Tra i vari orientamenti troviamo la psicologia sistemico-relazionale, derivante dalla teoria dei sistemi e dalla cibernetica.

1.Cos’è la psicologia oggi?

Secondo alcuni studi, riportati dal sito dell’Ospedale San Raffaele di Milano, almeno “1 persona su 15 nei paesi occidentali sviluppa almeno una volta nella vita un episodio depressivo” e secondo i dati raccolti dall’Istituto Piepoli per il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP) in piena pandemia, nel 2020, il 60% degli italiani ha fatto ricorso ad uno psicologo per gestire i problemi derivanti dall’emergenza sanitaria, tra cui attacchi di panico e ansia. Sono due dati diversi. Il primo fa capire quanto sia necessaria la cura del proprio benessere psicologico e il secondo come, con il tempo, si stia riuscendo ad abbattere lo stigma legato alla psicoterapia. Dal lettino la terapia si è spostata anche in rete, con la nascita di nuove piattaforme che hanno messo a disposizione dei pazienti la possibilità di scegliere e interagire con professionisti stando a casa. Le nuove tecnologie hanno anche fatto emergere nuove patologie o ingrandire quelle preesistenti tramite la sovraesposizione ai social network e una pressione sociale sempre più logorante.

2.Si può essere dipendenti dai social network?

Del 2015 è la definizione di Cecile Schou Andreassen e Stale Pallesen, due studiosi che spiegarono come "dedicare ai social network così tanto tempo e impegno a tal punto da compromettere altre attività sociali di studio e lavoro o relazioni interpersonali o la salute e il benessere psicologico" può "riflettere i sintomi di dipendenza". Specificando che esistono persone che "passano molto tempo a pensare ai social e a come avere più tempo da dedicare ai social".

3.Come uscire da una relazione disfunzionale?

Il consiglio è sempre quello di affidarsi a un percorso terapeutico e a un professionista. Esistono diversi tipi di relazioni disfunzionali o tossiche in cui la vittima è spesso inconsapevole della situazione. Ogni singolo caso viene trattato in maniera diversa dallo psicologo a seconda del contesto e del tipo di relazione. Tra le aree maggiormente indagate in terapia ci sono le prime relazioni di attaccamento infantile, il sé e le proprie emozioni, gli stili di attaccamento e l’analisi delle relazioni attuali che possono essere indagate con diversi approcci: da quello psicoanalitico a quello sistemico relazionale. Come in ogni rapporto terapeutico è essenziale si instauri empatia tra paziente e terapeuta.

4.Cosa sono la Fomo e il Burnout?

Si tratta di due patologie già esistenti ma esplose nell’era digitale.

  • Fomo: si tratta dell’acronimo di Fear of Missing Out, letteralmente “paura di essere tagliati fuori”, corrisponde a quella paura di non partecipare a eventi piacevoli o che potrebbero essere gratificanti e che coinvolgono altre persone, siano conoscenti e amici. Si tratta di una patologia che c’è sempre stata ma che è aumentata con la sovraesposizione ai social media.

  • Burnout: si tratta della sindrome da esaurimento professionale (il termine inglese significa in italiano "bruciato" o "scoppiato") e riguarda quelle persone che non riescono a fronteggiare in modo costruttivo le difficoltà quotidiane che si presentano a lavoro fino ad assumere atteggiamenti cinici e a sentirsi sopraffatti dallo stress derivato dall’ambiente in cui operano.

5.Uno psicologo può violare la privacy del suo paziente?

No. Tutti gli psicologi sono soggetti al codice deontologico che prevede il segreto professionale e il divieto di diffusione di dati personali e sensibili e documentazioni varie sui pazienti. L’esercizio della professione è regolamentato dal codice deontologico, vincolante per tutti coloro che sono iscritti all’Albo degli Psicologi. Come dice Riccardo Bettiga, psicologo e psicoterapeuta: ‘’Il codice deontologico degli psicologi italiani raccoglie le norme di comportamento a cui qualunque psicologo deve strettamente attenersi nello svolgimento della propria attività, la cui osservanza è necessaria alla realizzazione di una buona pratica professionale, in qualsiasi ambito essa si eserciti. La diffusione, la conoscenza e la comprensione delle norme contenute nel presente codice sono strumenti irrinunciabili per orientarsi nella professione psicologica: valore imprescindibile per chi la esercita e garanzia fondamentale per chi ne fruisce”.

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