Le ingiurie «sporco negro» e «devi morire» sono state solo alcuni degli insulti che la vittima, un diciassettenne di origini africane nato in Italia e regolarmente residente a Rimini, ha ricevuto pochi giorni fa insieme ad un pugno dritto in volto da parte di tre coetanei italiani, radunati davanti alla sua porta in pieno giorno. Un attacco che per ora non sembra avere un movente chiaro ma che, nella sua dinamica, richiama tristemente svariati episodi di cronaca recente, costellati di violenza sorda, insofferenza sociale e soprattutto numeri sempre più impari tra oppressi ed aggressori.
Tra i primi ad indagare le motivazioni individuali alla base di tali azioni, considerate plebiscitariamente atroci e riprovevoli, ci fu lo psicologo Stanley Milgram, che nel 1963 attraverso una serie di studi sulla “sospensione di responsabilità” dimostrò quanto il confine tra ciò a cui acconsentiamo tranquillamente e ciò che invece non accetteremmo mai di fare sia più labile di quanto pensiamo.
L’esperimento di Milgram
I partecipanti – differenti per età, genere ed estrazione sociale – venivano fatti accomodare in uno studio insieme allo sperimentatore, il quale informava loro della presenza di un’altra persona (complice del primo, all’insaputa del soggetto) in una stanza adiacente. Il compito dei soggetti è quello di sottoporre alla persona “oltre la porta” una serie di domande puramente mnemoniche, valutarne la risposta e, in caso di errore, infliggere una piccola scossa all’interlocutore che, ad ogni risposta sbagliata, sarebbe aumentata passando gradualmente da un minimo di 15 volt ad un massimo di 450.Una volta avviato il test coloro che sono oltre il muro sbagliano appositamente le risposte obbligando i soggetti a scegliere se fermarsi o proseguire aumentando il voltaggio: sebbene le scosse non li colpiscano realmente, i complici simulano dolore man mano che la potenza delle scariche aumenta, urlando e supplicando i soggetti di fermarsi mentre, al contrario, lo sperimentatore placido ribadisce la totale sicurezza dell’esperimento.Contro ogni previsione ottimistica, sebbene traumatizzati e visibilmente a disagio 26 soggetti su 40 arrivano a quota 450 volt.
Solo cinque soggetti, non sentendo più alcun rumore proveniente dalla stanza del complice, si sottraggono all’esperimento prima di raggiungere i 300 volt.
La banalità del male (moderno)
Già discusse e sofferte nelle pagine del saggio di Hannah Arendt, le specifiche influenze esercitate dal sistema sociale nel momento in cui un individuo si confronta con un’autorità si dimostrano così paradossalmente alla base delle folli azioni militari di Adolf Eichmann tanto quanto di quelle di un gruppo di bulli moderni: i controlli inibitori individuali vengono sostituiti da quelli opposti di ordine superiore, spingendo il singolo - posto di fronte alla scelta di essere vittima o carnefice, due drammatiche facce della stessa medaglia – ad adeguarsi così allo “stato eteronomico” del gruppo, deresponsabilizzandosi e rispondendo a qualsiasi comando quest’ultimo richieda come prova di iniziazione.
Quasi anestetizzate dal senso di protezione infuso dal nuovo ingroup, ecco che repulsione, senso di colpa e vergogna vengono sostituite da quelli che Milgram considerava i presupposti necessari per un totale asservimento: il riconoscimento di un nemico comune, ordini specifici da soddisfare e un imperativo ad eseguire l’azione. È a quel punto che il limite, quasi impercettibilmente, viene superato e la “porta” della morale umana sfondata.