14 marzo, Rio de Janeiro: i locali "in" di una ricca Copacabana brulicano di gente, riunita per la partita di Copa Libertadores tra la squadra del Flamengo e quella dell'Emelec, quando sugli schermi appare la notizia dell'appena consumato assassinio di Marielle Franco, politica e attivista sociale molto amata dal popolo brasiliano per la sua lotta a favore dei diritti umani contro le discriminazioni, gli abusi e le violazioni esercitate sugli "invisibili" abitanti delle favelas.
L'omicidio di Marielle Franco, l'attivista che lottava in Brasile per i diritti umani
Marielle Franco, 39 anni, di origini africane ma nata e cresciuta nel Complexo do Marè, agglomerato di favelas in cui ha sperimentato in prima persona la miseria, era consigliere comunale del PSOL (Partido Socialismo e Libertade), una delle figure politiche più votate nelle ultime elezioni del 2014. Tra le sue ultime denunce, quella in opposizione al governo del Presidente del Brasile Michel Temer, che le è probabilmente costata la vita: l'uso dell'esercito all'interno delle favelas, la cui spietata violenza più è perpetrata meno è ostacolata. Pochi giorni prima di essere uccisa, infatti, la Franco si era scagliata contro l'intervento del 41esimo battaglione della polizia militare nella favela di Acari.
E' per questo motivo che un omicidio come tanti, banale per quanto brutale in uno stato dove la morte non avvenuta per cause naturali non fa più notizia, lascia sempre più pensare, per citare il titolo di un famoso romanzo di Marquéz, a una "Cronaca di una morte annunciata", un "omicidio mirato", come sostiene Amnesty International, la quale, il giorno dopo l'assassinio della Franco, ha chiesto al governo del Brasile un'indagine adeguata.
Marielle si trovava in auto insieme ad un assistente e all'autista, di ritorno da un evento in favore dei diritti umani, quando un'altra auto, accostandosi alla sua, le ha sparato, ferendola a morte con quattro colpi di pistola alla testa. A perdere la vita è stato anche Anderson Pedro Gomes (39 anni), che occasionalmente lavorava per lei come autista.
Rimasto illeso l'assistente.
La polizia ha ritrovato nove bossoli di calibro nove sparati vicino alle vittime, alcuni dei quali provenivano da un lotto appartenente alla polizia federale del 2006, che era stato utilizzato anche per il massacro di Osasco e Barureri, a San Paolo, in cui sono stati uccisi 17 ragazzi, nel 2015.
La reazione del popolo non ha tardato a manifestarsi: subito dopo aver appreso la notizia dell'assassinio, la gente si è riversata nelle strade, che si sono riempite sempre più di manifestanti che ad una sola Voce richiamavano i valori per cui Marielle aveva sempre lottato, valori che hanno alla base quella famosa "tutela delle minoranze" (anche se in un paese dove soltanto l'1% della popolazione detiene 1/3 delle risorse di tutto il Brasile di minoranze non si potrebbe parlare), che subiscono il peso della disuguaglianza sociale, della violenza istituzionale e militare, di quella di classe, di genere e del razzismo.
Marielle che era nata povera, era nata nera e anche lesbica.
"Tropa de Elite" e "Limpieza social"
In particolare, la battaglia della Franco contro la violenza della polizia all'interno della società e soprattutto nelle bidonville, offre la possibilità di analizzare una realtà che impera indisturbata su quest'ultime, quella degli squadroni della polizia militare cosiddetti "della morte", la cui storia viene raccontata nel film del 2007 di José Padilha "Tropa de Elite", aggiudicatosi l'Orso d'oro al Festival del Cinema di Berlino l'anno seguente. La pellicola si incentra sulle vicende di alcuni membri del BOPE, un celebre battaglione per le Operazioni Speciali della Polizia Militare di Rio de Janeiro, mostrando quanto il crescente traffico di droga (alimentato dal suo crescente consumo) sia il vero motore della violenza attuata nelle favelas.
Sullo sfondo l'ancora più aberrante verità: il risanamento urbano "a colpi di mitra", la cosiddetta "limpieza social" che miete le sue vittime, soggetti passivi o abusati, all'interno di dimensioni "altre", che vivono di leggi proprie e in cui lo Stato interviene soltanto per reprimere, recidere, "pulire" tacitamente lo "sporco in eccesso" in nome di una sicurezza e di un decoro che non sono comunque assicurati.
A undici anni dal film nulla sembra essere cambiato, un omicidio fra tanti si impregna del "puzzo" di una commissione, di una voce scomoda, come da copione strozzata, di una "morte annunciata" che il popolo brasiliano adesso piange.