Mentre il mondo ha celebrato la Giornata internazionale della donna, il governo centrale della Costa D’avorio ha aggiornato le sue leggi sull’ambiente di lavoro, col fine di impedire al gentil sesso di svolgere alcuni lavori specifici. La decisione, rivelata in una conferenza stampa chiusa mercoledì, ha portato poi alle prime notizie ufficiali, emerse questa mattina.
La lista inerente i posti di lavoro vietati completamente al sesso femminile include "ogni tipo di impiego eccessivamente difficile in termini di sforzo fisico; ogni impiego inadatto al sesso femminile in termini etici, quali potrebbero essere i lavori nelle industrie pesanti o nelle miniere”.
Così ha dichiarato Bruno Koné, membro attivo del governo ivoriano.
La drastica decisione dello stato nordafricano è giunta esattamente nel periodo in cui i politici del continente hanno tenuto manifestazioni, discorsi pubblici e interviste per lodare le donne e le loro abilità nel corso dell’8 marzo, festa della donna in tutto il globo. Ne è un esempio il premier Yoweri Musseveni dall'Uganda, che ha descritto le donne come "parte fondamentale dell’organismo dello stato”. Il Sudan, dal canto suo, ha visto il presidente Salva Kiir elogiare le donne e le ragazze di tutto lo stato per la loro forza di volontà e le loro capacità di far fronte alla stanchezza e alle intemperie.
C’è del marcio in Costa D’avorio
L’ordine imposto dalla Costa d’Avorio, in tutta la sua incoerenza, non passerà con indifferenza anche per coloro che hanno visto o vissuto in prima persona le condizioni extra-lavorative cui le donne vengono sottoposte nei paesi del terzo mondo: dai lavori casalinghi o nei campi privi di retribuzione- in quanto spesso effettuati sotto ordine del patriarca familiare- ai trasporti di cibo e acqua sotto il sole cocente, spesso lunghi chilometri e con totale mancanza di mezzi di trasporto.
Koné, dal canto suo, ha insistito però ancora una volta sul fatto che questa legge riguardasse "la salvaguardia femminile”. Aggiungendo poi che per una donna è sempre possibile svolgere uno degli impieghi vietati dallo stato. Il modo è semplice, a seconda dei punti di vista: mettersi in contatto con il Ministero del Lavoro, per poi chiedere di un ispettore del gruppo e farlo venire in casa loro, per sottoporsi così a un’inchiesta verbale e scritta.
Lo scopo: verificare che la donna in questione sia “adatta” per l’impiego.
L'Africa cambia. O forse no?
Se si tratta di una misura buonista semplicemente malriuscita, o se sia invece una manovra che punti a ristabilire la disuguaglianza di genere, resta ancora difficile da dire. Ciò che però risulta chiaro è la mancanza di tatto dimostrata per una simile imposizione. Spesso si tende a dimenticare come “parità” non debba necessariamente essere “rinuncia”: chiunque ha il pieno diritto di svolgere il lavoro che desidera. Compito dello stato sarà poi la prevenzione di incidenti o di violenze d’ogni sorta, questo è chiaro.
La moralità è stata la chiave di volta di questa legge che priva sotto ogni aspetto il sesso femminile di lavori con cui poter mantenere una famiglia. Ma è facile notare quanto una simile proposta del governo ivoriano sia ipocrita, quando si osservano miniere vuote, e strade piene di donne ridotte alla fame e ai soprusi.