'Anomalie' del sistema giudiziario italiano, tragici paradossi delle leggi vigenti. Nel 2014 Emiliano Frocione che oggi ha 40 anni, uccise la giovane moglie Alessandra Agostinelli di 34 anni infliggendole 13 coltellate. Tra le mura della loro abitazione ad Alatri, in provincia di Frosinone, si consumò un femminicidio feroce. 'Protetto' dalla normativa, tra attenuanti e sconti di pene, l'omicida era stato condannato in Corte d'Appello ad appena nove anni oltretutto da scontare in una struttura psichiatrica per seguire un percorso riabilitativo. Il caso paradossale è che solo ora è finito in carcere ma per futili ragioni: ha rubato un cremino da un distributore automatico nella casa di cura in cui era ospite.
Un femminicidio efferato
Il 9 settembre del 2014 il figlio della coppia che all'epoca aveva 14 anni, rientrando a sera nell’abitazione familiare di Pignano ad Alatri, in provincia di Frosinone, di ritorno da una partita di calcio, trovò la mamma a terra morta in un bagno di sangue. Ma anche suo padre giaceva a terra in stato di incoscienza. Emiliano e la moglie Alessandra originaria di Genzano erano di fatto separati già da diverso tempo ma erano costretti a coabitare per via di gravi difficoltà economiche. Lui con alle spalle problemi di droga, il carcere e l'affidamento ai servizi sociali, aveva cercato di portare uno stipendio a casa come operaio comunale per poi rimanere disoccupato. Lei, che in passato aveva fatto la commessa, era a sua volta disoccupata.
La situazione familiare era tesa, esplosiva, fino alla sera del crimine. Uno dei femminicidi più efferati degli ultimi anni. L'uomo l'avrebbe picchiata brutalmente lasciandola sanguinante a terra per poi andare in bagno a fare una doccia. La donna dopo aver già subito altri maltrattamenti, l'avrebbe ferito con un coltello. A quel punto il marito dopo aver alzato al massimo il volume della tv, l’avrebbe massacrata con 13 coltellate.
Quindi avrebbe tentato il suicidio. Giudicato incapace di intendere e di volere, era stato condannato dai giudici della Corte d'Appello di Roma a una pena ridotta da 18 a 14, diventati nove anni con riconoscimento dell'attenuante della provocazione. I giudici avevano respinto la richiesta dell'accusa di farlo tornare in carcere e l'avevano posto ai domiciliari in una struttura psichiatrica a Sant'Elia Fiumerapido, in provincia di Frosinone.
Il figlio che scoprì l'omicidio e l'altro bambino che all'epoca dei fatti aveva appena sei anni erano stati affidati ai nonni.
Storia assurda e paradossale
Ma proprio da quella struttura psichiatrica oggi l'omicida è stato prelevato, tratto in arresto e trasferito nel carcere di Cassino per aver rubato da un distributore automatico un gelato e sorpreso in flagranza di reato dagli operatori. Il furto va ad aggiungersi ad altri 'misfatti' che hanno convinto Il giudice del tribunale di sorveglianza ad accogliere la richiesta di aggravamento delle misure detentive inviata dalla dirigenza della clinica, sostituendo la misura cautelare degli arresti domiciliari in comunità con quella della custodia in carcere.
Non sarebbe il primo furto commesso dall'uomo nella struttura: avrebbe già prelevato gelati e rubato altre cose, oltre ad aver fatto uso di sostanze stupefacenti, dimostrare atteggiamenti ostili e non collaborare al piano terapeutico-riabilitativo assegnatogli. La decisione del giudice è arrivata dopo che esami sanitari hanno accertato che l'omicida non sarebbe affetto da nessuna patologia. L'avvocato difensore dell'uomo, Enrico Pavia, ha già presentato istanza di scarcerazione.