Tutta Italia, anzi tutto il mondo, a giudicare dagli oltre duecento giornalisti stranieri presenti a genova in occasione dei funerali per le vittime del crollo di Ponte Morandi, ha potuto apprezzare quale legame straordinario leghi la Superba ai suoi vigili del fuoco. Vale la pena spiegare cosa c’è alla base di questo rapporto speciale.

Vigili del fuoco sempre presenti in qualsiasi disastro

Genova nel corso degli ultimi quarant’anni ha subito in rapida successione una serie di tragedie terribili.

Ci sono stati l’affondamento della petroliera Haven, l’esplosione della Hakuyoh Maru, colpita da un fulmine, la tragedia dell’Attilio Carmagnani, polo petrolchimico che vide saltare per aria due serbatoi, il crollo della torre di guardia del porto colpita da un traghetto in manovra ma soprattutto almeno una decina di alluvioni con vittime e danni incalcolabili.

Se quella del 1970 risulta essere forse quella più drammatica sotto l’aspetto dei danni, con il crollo del leggendario Ponte di Sant’Agata e tredici vittime a ponente a causa dell’esondazione del Leira, un rigagnolo di poche gocce che impazzì sotto il nubifragio a causa di tombinature infelici e una pessima manutenzione, quella del 2011 mise in ginocchio tutto il centro provocando altre sei vittime. L’alluvione del 1970 fu cantata in “Dolcenera” da Fabrizio De André, quella del 2011 vide la nascita degli Angeli del Fango… ragazzi che in motorino si spostavano da un angolo all’altro della città per salvare il salvabile. In tutto questo e in prima fila sempre loro, i pompieri. Senza turni né ore di riposo e con la loro divisa verde ben riconoscibile.

Di vite nelle alluvioni ne hanno salvate decine.

Le “teste bianche”: l’Associazione dei Vigili del Fuoco

In verde anche loro, ma quasi tutti con la testa imbiancata dagli anni, spiccavano anche sabato nel corso dei funerali di Genova i membri dell’Associazione Vigili del Fuoco. Sono quasi tutti pompieri in pensione, o che si sono ormai congedati; alcuni hanno fatto il militare da volontari e appena scatta l’allerta si piazzano in prima fila con la professionalità e la dedizione di chi non ha mai smesso di fare questo lavoro, per lo meno da un punto di vista umano.

Le “teste bianche” che si sono precipitate sotto le campate del Viadotto Polcevera e che hanno lavorato incessantemente senza contare le ore sono state centinaia. Sono accorsi anche moltissimi Angeli del Fango ma il contesto era troppo pericoloso e i pompieri hanno utilizzato i giovanissimi lontano dall’area a rischio aiutando gli sfollati, portando acqua, viveri o anche soltanto consolando sfollati e parenti delle vittime.

Al fianco dei Vigili del Fuoco le Pubbliche Assistenze

Genova ha molti orgogli: è stata la prima città al mondo a battere moneta e a garantire i propri traffici con le assicurazioni. Molto, molto prima che nascessero i Lloyd: tant’è che quando gli inglesi decisero di gemellarsi con una città e posizionare i propri traffici non ebbero dubbi e scelsero Genova.

Tra le cose che sono nate sotto la Lanterna ci sono anche le pubbliche assistenze: inizialmente si trattava di carri spinti a braccia che raccoglievano i feriti sotto le navi o tra i morti per accompagnarli verso gli ospedali cittadini il più importante dei quali, il San Martino – a oggi l’ospedale più grande d’Europa per numero di dipendenti e posti letto – sarebbe nato molti secoli dopo i punti di soccorso del centro storico.

Dalle ruote faticosamente spinte a forza di braccia a quelle a cavalli, alle prime ambulanze alle ultimissime organizzazioni diffuse su tutto il territorio genovese, le Pubbliche Assistenze costituiscono un patrimonio straordinario della città quasi interamente basate su volontariato e tempo libero. Alcune hanno scelto la consociazione cooperativa negli ultimi anni ma la missione non cambia. Essere al fianco di chi soffre 24 ore su 24 e nel momento di bisogno.

La mitica figura del “comandante” Rinaldo Enrico

Qualsiasi genovese dai cinquanta in su sa chi sia stato Rinaldo Enrico. Era un vigile del fuoco, un elicotterista provetto, famoso per la sua collezione di omini disegnata sulla fusoliera del suo AB47, un minuscolo elicottero prodotto dalla Bell che si alzava a ogni emergenza.

Ogni omino era una vita salvata. Era un maggiore dei vigili del fuoco che per qualsiasi genovese era “il comandante Enrico”. I genovesi lo chiamavano semplicemente “Enrico”, come se fosse un amico o un vicino di casa. Il suo capolavoro fu il salvataggio di numerosi naufraghi della London Valour, una nave inglese che era finita durante una tempesta nel Golfo di Genova sulla Diga Foranea. Incurante della pioggia e del vento Enrico partì con l’elicottero pieno di ciambelle di salvataggio che lanciò ai marinai personalmente prima di caricare diversi marittimi in balia delle onde su un unico cestello di salvataggio che portò a terra. Lui e la pilotina del Capitano Santagata salvarono tante persone, non quante avrebbero voluto.

Rinaldo Enrico morì qualche anno dopo tragicamente durante una banale esercitazione: i genovesi non lo hanno mai dimenticato. Fabrizio De André, del quale era amico, gli dedicò la canzone “Parlando del Naufragio della London Valour” che compare sul disco “Rimini” pubblicato nel 1978.