Il lutto è finito ma genova era e resta una città in ginocchio.
Se le normali attività produttive o le scuole ripartissero normalmente dalla prossima settimana sarebbe facile ipotizzare la paralisi dell’intera città: i genovesi che ogni giorno si spostano in auto verso il centro e dunque superando la Val Polcevera sono migliaia. Il porto è al di là di torrente e viadotto, così come le due principali stazioni ferroviarie, le scuole più importanti, tutte le università.
A Genova, dopo quella che è stata la più grave tragedia del dopoguerra, nulla sarà più come prima.
Forse è anche per questo che sabato, durante i funerali di Stato molti sono stati i genovesi che si sono sentiti in dovere di togliersi qualche sassolino da scarpe troppo pesanti.
La famiglia Benetton: le scuse non bastano
La conferenza stampa nella quale la famiglia Benetton, azionista di riferimento della Atlantia, società finanziaria a capo di Autostrade per l’Italia è stata definita un atto dovuto del tutto insufficiente. I genovesi hanno accolto con grande fastidio la presenza in città di un addetto stampa del gruppo che ha cercato in qualche modo, e con scarsi risultati, di rimediare alla crisi che era fruttata un tonfo in borsa.
In rete c’è stata un’accesa polemica tra alcuni piccoli risparmiatori che evidentemente avevano titoli Atlantia nel proprio portafoglio e genovesi che si sono sentiti in diritto di respingere chi sosteneva che tante polemiche erano costate i risparmi di molte famiglie.
“Mettiamo sullo stesso piano i dividendi e la vita di oltre 40 persone? – si legge in un gruppo Facebook da parte di un utente genovese con immagine listata a lutto – ma allora avete veramente dei problemi…”
I Benetton invece non si sono sentiti in dovere di rinviare la loro tradizionale festa familiare di Ferragosto nel "buen retiro" di Cortina e sotto la Lanterna non l’hanno presa bene.
Novanta gli invitati nella villa di Giuliana Benetton: il menù prevedeva grigliata e champagne… “e oltre tre dozzine di vite umane” ha sottolineato un altro genovese nello stesso gruppo con un sarcasmo corrosivo che è tipico della cultura genovese.
Le istituzioni e i politici: applausi razionati
I funerali sono stati allestiti in uno dei padiglioni a mare della Fiera Internazionale: la splendida Cattedrale di San Lorenzo non sarebbe bastata.
I genovesi conoscono bene quel padiglione: è lì che viene ospitata parte della Fiera Primavera e, soprattutto, del Salone Nautico: si affaccia direttamente sulla Darsena che sfoggia meravigliosi yacht.
È stato un rito sacro con momenti inevitabilmente profani. La stragrande maggioranza degli applausi sono stati destinati ai vigili del fuoco che hanno affollato la struttura con le proprie squadre fuori servizio – alcune reduci da turni di 27 ore continuative tra le macerie - e i volontari di associazione e protezione civile. Nel frattempo trecento di loro continuavano a scavare sul greto e intorno ai monconi degli stralli crollati. Applausi per il premier Conte e per i suoi vice Di Maio e Salvini, decisamente più sommessi rispetto a quelli tributati ai pompieri.
Il Capo dello Stato Mattarella è stata senza dubbio la figura istituzionale salutata con più calore e affetto dalle migliaia di genovesi che fin dalle 8 di mattina hanno fatto la coda per entrare nel padiglione della Fiera. I genovesi che si sono sentiti in dovere di esserci erano migliaia. Molti di più quelli che fuori hanno seguito la cerimonia davanti a due schermi, una vera folla quella che ha attorniato De Ferrari, la piazza della fontana, il punto in cui Genova si riunisce ogni volta che c’è da festeggiare o da piangere.
Momenti invece di tensione all’arrivo del segretario del Partito Democratico Maurizio Martina: sono volate salve di fischi e molti insulti in genovese, non trasferibili.
Martina non li avrà capiti ma l’ex ministro Roberta Pinotti, che a Genova è stata assessore prima in Provincia e poi in Comune, forse glieli avrà tradotti. Erano parole pesanti, le peggiori ascoltate in mattinata. Tant’è che alla fine della cerimonia funebre alcuni politici hanno preferito uscire da un lato ed evitare la folla.
Le parole dell’Imam di Genova, il momento più toccante
Il Cardinale Angelo Bagnasco è molto benvoluto a Genova: ma è un uomo moderato, conservatore che prosegue la tradizione che fu del Cardinal Siri, per due volte vicino al soglio pontificio, e dell’amatissimo Cardinale Dionigi Tettamanzi, anche lui costretto a più riprese a benedire salme e vittime civili in una città che continua a pagare un tributo eccessivo a incidenti, malgoverni, disastri naturali e assurdità urbanistiche.
Le parole di Bagnasco durante l’Omelia sono state misurate e di buon senso, ha chiesto giustizia ma lo ha fatto sommessamente rispetto ai tuoni scagliati dal Cardinale Sepe a Torre del Greco che ha parlato chiaramente di “incuria, guadagni e inaccettabilità di questo lutto”. Toni duri ascoltati anche nelle cerimonie di chi a Cuneo, Pinerolo e Arquata Scrivia ha rifiutato i funerali ufficiali.
Ma al termine della cerimonia con rito cattolico è stato offerto il microfono agli imam della foltissima comunità araba di Genova. Uno ha pregato recitando pochi versi del “Salaam Alaikum” (erano diverse le vittime musulmane): il secondo, Salah Hussein ha scelto parole toccanti che hanno ricevuto uno scroscio di applausi… “Siamo qui insieme, sotto un unico Dio per stringerci intorno alle vittime e alle famiglie.
È caduto un ponte… un ponte non dovrebbe mai cadere perché unisce e Genova ha sempre unito nella sua storia. Preghiamo per Genova, la Superba, che saprà ancora una volta rialzarsi… Zena in arabo significa la bella”. A Genova la comunità araba è una delle più antiche, esiste dal 1500, come quella armena: il dialetto zeneixe vanta tantissime parole in arabo, quasi intraducibili.
Il lutto “pubblicitario” della Rai
I genovesi, per carattere, chiedono con fastidio. Davanti alle tragedie si rimboccano le mani e non si aspettano l’aiuto di nessuno. Quello della gente della Superba è un carattere spigoloso, difficile, per nulla accogliente. Per cui l’iniziativa della Rai che sabato ha indetto la sua giornata di lutto posizionando una gassa nera nella parte in alto a destra del teleschermo e cancellando tutti gli spot pubblicitari dalle reti televisive nazionali e regionali, generaliste e tematiche, ha ricevuto il sarcasmo dei genovesi: “Avrebbero fatto meglio a incassare quei soldi dalle aziende e offrirli alle vittime.
Sicuramente gli inserzionisti ne sarebbero stati contenti…” si legge on line in uno dei post che ha raccolto il maggiore consenso.
In compenso nella tarda serata di ieri si è appreso che Autostrade per l’Italia sta considerando di cancellare il pedaggio nella zona urbana della città. I caselli urbani sono Genova Ovest, Genova Est, Aeroporto, Pegli, Voltri, Bolzaneto e Nervi: si tratta di una delle aree più remunerative di tutta la rete nazionale. Non si sa se questo diritto sarà garantito ai genovesi o a tutti quelli che subiranno disagi inenarrabili per molti, molti mesi. Se ne parlava da vent’anni. Nei forum i genovesi sono stati chiari: “Paghiamo da sempre, che diano quei soldi alle famiglie di chi non c’è più”.