Una donna di nazionalità tedesca detenuta nel braccio femminile del carcere di Rebibbia, a Roma, ha scagliato giù dalle scale della sezione nido i suoi due figli, un neonato che è morto e l'altro bambino versa in gravissime condizioni.

I piccoli sono stati lanciati dalle scale

Il fatto è avvenuto in tarda mattinata quando la donna si è recata presso il nido del carcere, dove sono tenuti i bambini fino a tre anni, per accudire i suoi figli e, in un attimo, senza una ragione apparente, ha scagliato i due piccoli giù dalle scale o forse contro un muro.

Il neonato di appena 4 mesi, probabilmente partorito all'interno della struttura stessa, è rimasto ucciso sul colpo, il fratellino di due anni più grande, è stato soccorso dai medici del Bambin Gesù che stanno tentando di salvargli la vita.

Il procuratore aggiunto Maria Monteleone ha avviato le indagini per capire come tutto questo sia potuto avvenire all'interno di un'area strettamente controllata soprattutto in presenza di bambini. I capi di imputazione per la madre saranno di omicidio e tentato omicidio se il bambino ferito dovesse sopravvivere o nel peggiore dei casi, di duplice omicidio. La donna, condannata per reati legati alla tossicodipendenza sembra soffrisse di depressione e problemi psichici ed è stata portata in isolamento per evitare che possa commettere altri gesti drammatici.

La notizia è stata data da Lillo Di Mauro responsabile de "La casa di Leda", l'organizzazione che gestisce ville sequestrate alla malavita e ristrutturate per ospitare detenute e i loro figli in un'ambiente meno impattante per i bambini.

I primi commenti

Aldo Di Giacomo, il segretario generale del sindacato di polizia penitenziaria, ha commentato a caldo l'avvenimento dicendo che si tratta un atto gravissimo che fa emergere la drammatica situazione delle carceri italiane e chiede al ministro della Giustizia di intervenire per sanare un problema che rischia di diventare sempre più grave.

Più duro e diretto il commento di Donato Capece, segretario generale del Sappe ( Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) che esprime lo sgomento degli agenti di polizia penitenziaria e che non riesce a provare alcuna comprensione per quanto la detenuta ha compiuto.

Nelle carceri italiane secondo una stima dell'agosto del 2017 ci sono 60 bambini detenuti con le proprie mamme. Oggi purtroppo ce ne sono due in meno e per quelli rimasti sarebbe opportuno valutare l'inserimento del modello casa- famiglia protetta invece del tradizionale modello di reclusione.