Erano costretti a turni estenuanti di lavoro, anche di undici ore al giorno. Tutto per questo per soli 20 euro a giornata, meno di 2 euro l'ora. Un'altra triste storia di sfruttamento sul lavoro arriva questa volta dalla provincia di Napoli, precisamente da Grumo Nevano. I carabinieri hanno apposto i sigilli ad un laboratorio tessile la cui titolare, una 32enne originaria del Bangladesh, sfruttava i propri dipendenti assunti in maniera assolutamente irregolare. I lavoratori erano sprovvisti di regolare contratto lavorativo e prestavano la loro manodopera in nero, tra questi anche alcuni clandestini, sprovvisti dunque del regolare permesso di soggiorno in Italia.

Operai senza contratto e ferie

Gli operai impegnati nell'attività, posta ora sotto sequestro, erano addetti a confezionare giacche da uomo. Quando i carabinieri della stazione di Grumo Nevano sono arrivati nel locale, hanno effettuato i dovuti controlli per verificare che tutto fosse in regola. Inzialmente hanno trovato 150 metri di attrezzature non conformi alla normativa vigente, secondo quanto si apprende dall'agenzia Ansa. Su un totale di dodici dipendenti, tutti sono risultati privi di contratto e tre cittadini stranieri erano sprovvisti del permesso di soggiorno. La proprietaria dell'opificio è stata quindi denunciata. I militari hanno dunque posto i sigilli al laboratorio tessile sospendendo definitivamente l'attività.

I lavoratori che prestavano il loro servizio all'interno della struttura non avevano ferie, come spesso accade in questi casi, ed erano costretti a lavorare anche nei giorni festivi.

Un caso analogo in provincia di Venezia

Ovviamente, in assenza di contratto, l'azienda di conseguenza non versava ai dipendenti i contributi previdenziali previsti dalla legge.

Il blitz dei carabinieri nella struttura è avvenuto nell'ambito di una capillare attività di controllo sul territorio, tesa proprio a contrastare l'illegalità in campo lavorativo. Una piaga diffusa che riguarda, purtroppo, anche altre zone del Paese. L'ultimo caso analogo in tal senso ha avuto come teatro Marghera, nel veneziano, dove tre cittadini del Bangladesh, titolari di due aziende che operavano in subappalto nella Fincantieri della cittadina veneta, sfruttavano i loro dipendenti per soli cinque euro l'ora.

Poi, una volta arrivato lo stipendio, pretendevano che i lavoratori versassero un'ingente somma di denaro agli stessi titolari, questo al fine di non essere licenziati. I tre uomini sono ora indagati per estorsione.